
di don Luigi M.Epicoco
“Mentre la gente si affollava intorno a lui, egli cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; chiede un segno ma nessun segno le sarà dato, tranne il segno di Giona»”.
La durezza che usa Gesù nei confronti della folla che lo circonda da tutte le parti, è una durezza che dovrebbe attraversare duemila anni e giungere fino a noi.
Il vangelo ci è sempre contemporaneo.
Quella folla è lì, così come tante volte lo siamo anche noi, e dice: “Su! Stupiscici!”. Vorremmo sempre spettacolarizzare la fede, e far diventare la vita spirituale un paesaggio del sensazionale. Ma la fede non è uno spettacolo e la vita spirituale centra davvero molto poco con le sensazioni.
Finchè non facciamo pace con questa verità di fondo, allora sentiremo sempre molta durezza da parte di Cristo: “Nel giorno del giudizio la regina del mezzogiorno si alzerà con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché ella venne dagli estremi confini della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco qui c’è più di Salomone”.
La sapienza che Gesù è venuto a portarci non è quella dei tanti ragionamenti che alla fine ci fanno dire “ho ragione”. La sua è la sapienza dell’evidenza dell’amore. E le cose evidenti vanno accolte, non inventate.
Basterebbe guardare davvero con pazienza la vita, il mondo, la direzione che Gesù ci indica domandandoci di amare anche i nemici, per capire che ciò che Egli dice è evidente, anche se ad un primo impatto sembra assurdo. “Nel giorno del giudizio i Niniviti si alzeranno con questa generazione e la condanneranno; perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco qui c’è più di Giona”. Giona ottenne la conversione di Ninive attraversando la città da svogliato e rimanendo persino male per la loro conversione. Noi siamo stati visitati da uno che non solo ha scelto di venire in mezzo a noi, ma ha dato anche la sua vita perché fossimo liberati, eppure a una predicazione così molto spesso non prestiamo ascolto. Vogliamo intrattenimento, ma la fede è un fatto non un circo. (Lc 11,29-32)