14 luglio – Il mio prossimo: eredità di vita eterna, 15a domenica del tempo ordinario anno C

Pubblicato giorno 13 Luglio 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

Condividi su:   Facebook Twitter Google

Photo by Renato Danyi from Pexels

da Messale festivo 2019 EMP

 

15a domenica del tempo ordinario

Il mio prossimo: eredità di vita eterna

 

L’Amore è vicino a noi e dichiara: «Amerai e vivrai!». Quanto è difficile credere a questo. Sembra che contenga una «fregatura». Infedeltà, tradimenti, mancata riconoscenza, sofferenza… e infine la morte portano a credere che non sia possibile, almeno per me. In Cristo questa promessa diviene reale e già possibile per noi, oggi!  Oggi è il tempo giusto per iniziare con lui, perché ci ha resi capaci di operare con lui, attraverso la riconciliazione avvenuta con il sangue della sua croce, cioè con la totalità della sua vita. Eppure spesso ci fermiamo alla domanda: «Che cosa devo fare?». Ma qual è il desiderio vero che ci abita? Che cosa ci spinge a rivolgerci al Signore? In realtà egli stesso ci precede nella risposta… amandoci fino alla fine, fino alla morte in croce. Qui scaturiscono le sorgenti eterne della vita eterna. Il battesimo ci innesta in questa sorgente perenne. Ereditare la vita eterna, dunque, più che un «fare qualcosa» è un lasciarsi provocare dalla vita. Nella parabola del buon samaritano Gesù evidenzia bene questo cambio di prospettiva. Ci invita ad accogliere il dono della vita eterna accettando di lasciarci plasmare da lui. In Cristo divenire dono è possibile, raggiungibile da ciascuno di noi. È veramente vicino a noi l’Amore tanto da poterlo amare. Troppo spesso, però, «l’amore non è amato» gridava san Francesco d’Assisi contemplando il Crocifisso. Morire al mio io per avere vita è una logica che stravolge quel desiderio di protagonismo che chiede: che cosa devo fare IO? Farsi dono, spogliarsi del proprio io a favore di un altro, sono parole che pronunciamo spesso, ma rimangono distanti dalla nostra vita. Lasciamoci sorprendere dall’Amore. Quell’Amore vivo e vivificante che ci ha creati, ci ha ricolmato dei suoi beni in Cristo, ci ha custodito teneramente riempiendo i nostri giorni di stupore. La vita di Gesù non è stata tutta forse un dono per ciascuno di noi? In lui il dono di noi è possibile, perché egli spogliò se stesso per far ricchi noi di lui. Egli si fida di noi e attende.

prima lettura   Questa parola è molto vicina a te

La promessa di sovrabbondanza di vita è presente da sempre nel cuore di Dio per ciascuno dei suoi figli. Essa è contenuta nella legge che egli stesso ha messo nel nostro cuore, insieme con la capacità di attuarla. Non ci sono scuse di un «troppo» richiesto. Sono abilitato fin da oggi a compierla, a rispondervi con la mia vita.

 

seconda lettura   In lui abita tutta la pienezza

Tutto vive e si rigenera nella vita per mezzo di Cristo. Anche ciascuno di noi proviene da Cristo e, se lo desideriamo, di lui possiamo vivere già ora. In lui c’è lo spazio reale per vivere. La sua morte e risurrezione realmente ci offrono tale possibilità, nella riconciliazione piena che lui solo può operare in noi.

 

vangelo   Amerai… ha avuto compassione

Gesù è raggiunto dall’uomo che desidera ereditare la vita eterna: «Che cosa devo fare per ereditarla?». Prima del fare, dunque, lo stesso dottore della legge riconosce che c’è un desiderio che lo abita e muove il suo cuore: la vita eterna. L’eredità, però, giunge solitamente ai figli al momento della morte del padre. Il Padre è, dunque, riconosciuto come datore di vita eterna. Una vita, cioè, su cui la morte non ha più alcun potere, perché è una vita che non finisce mai. «Che cosa devo fare per ereditarla?» chiede il dottore della legge. Gesù rinvia alla lettura della Legge: lì troverai tu stesso la risposta. E prosegue dicendo che per vivere eternamente è sufficiente fare ciò che leggi, coinvolgerti in prima persona. Nella Parola trovi il seme della vita e praticandola vivrai eternamente. Già da ora. Nel cuore di quest’uomo, però, c’è un inciampo, una parola che inceppa tutto: «il tuo prossimo». Chi è costui? Al termine della parabola, Gesù apre l’intelligenza dell’interlocutore riformulando la domanda: «Chi ti sembra sia stato prossimo di chi è caduto nelle mani dei briganti?». Identificare il prossimo, in fondo, non sembra un problema: egli è lì, sulla mia strada, sofferente e bisognoso di compassione e cure. La presenza del prossimo non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata… così la presenza di Dio fra noi. L’inceppo forse sta nel «lasciarsi fare» prossimo: divenire coscienti che non è merito né vanto poter aiutare e, in umiltà, fare quello che mi è possibile fare, rendendo percepibile l’amore nell’azione che compio; e poi in umiltà affidare il resto al Signore. Perché il dono non umili l’altro, devo dargli non soltanto qualcosa di mio, ma me stesso, devo essere presente nel dono (cf. Benedetto XVI, Deus caritas est 34-35).

 

Condividi su:   Facebook Twitter Google