17 marzo – Più forte dell’oscurità! Una vita da figli, 2a domenica di Quaresima anno C

Pubblicato giorno 16 Marzo 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

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da “Messale festivo” EMP

17 marzo

2a domenica di quaresima

Una vita da figli

 

La parola di questa seconda domenica di quaresima ci permette di gettare uno sguardo nel cuore paterno di Dio. E quello che vi scorgiamo spinge e sostiene il nostro cammino quaresimale e penitenziale di ritorno a lui. Dio, infatti, custodisce nel suo cuore un sogno, un disegno in favore di noi, suoi figli: farci dimorare tutti in casa sua come figli e fratelli riconciliati con lui e fra di loro. Da quando, in principio, l’uomo e la donna hanno scelto di allontanarsi dalla sua casa (cf. Gen 3,1-24), Dio non ha cessato un istante di operare pazientemente per la realizzazione del suo disegno attraverso la storia dei nostri padri nella fede. Con il nostro battesimo siamo entrati anche noi a far parte della storia d’amore che Dio ha intrecciato con loro e siamo chiamati a viverla in prima persona. L’eredità che ci hanno trasmesso i nostri padri, infatti, è una relazione filiale in cui il posto di ognuno di noi è unico, insostituibile. Spetta a ciascuno di noi riconoscerlo, assumerlo, accoglierlo, farlo diventare vita. Allora una fiducia nuova animerà i giorni del nostro vivere: il saperci figli amati; e non sarà azzardato sentire rivolte a noi le parole del Padre su Gesù: «Tu sei il figlio mio» (cf. Lc 9,35). È, infatti, la rivelazione che ci ha donato Gesù stesso: egli ha speso tutta la sua vita per renderci certi che il nostro vero nome è «figlio». Forti e ricchi di questa certezza possiamo vivere con la stessa fede di Gesù di non essere mai soli, perché il Padre è sempre con noi.

PRIMA LETTURA   Il Signore concluse quest’alleanza con Abram

Il senso buono della vita di Abram sta nella promessa e nel patto che il Signore ha stretto con lui. La prima volta che la Scrittura nomina Abram (cf. Gen 11,26) il suo nome risulta solo uno fra i tanti di una delle genealogie di cui è disseminato il libro della Genesi, che racconta le storie dei nostri padri nella fede. Il suo nome emerge e si distingue solamente quando il Signore lo cerca e lo chiama a un incontro personale con lui (cf. Gen 12,1) senza che Abram abbia ancora compiuto qualcosa di particolare. Dunque la garanzia della bontà della vita di Abram non risiede tanto in qualche suo merito, quanto nel fatto che il Signore lo ha chiamato stringendo con lui un’alleanza e facendogli una promessa. Più ancora, la garanzia della bontà della vita di Abram è che il Signore ha mantenuto la sua parola. Ed è la nostra stessa vita di battezzati, di figli adottivi di Dio, a essere la prova che Dio è fedele alla sua alleanza: siamo noi la discendenza promessa ad Abramo.

SECONDA LETTURA   La nostra cittadinanza è nei cieli

Casa è una parola che a tutti risuona dolce. Evoca un luogo a cui ogni uomo anela, un luogo dove siamo certi di essere sempre attesi e accolti con amore. Ma anche nell’esperienza più felice le nostre case non sono mai del tutto così, all’altezza del nostro desiderio, rivelandosi case provvisorie. San Paolo ci ricorda che la nostra vera casa, quella stabile e definitiva perché lì troveranno veramente dimora i nostri cuori, è nei cieli. Sapendo e credendo questo, possiamo vivere la provvisorietà dei nostri giorni su questa terra «saldi nel Signore» (4,1).

 

VANGELO Parlavano del suo esodo

Pietro, Giacomo e Giovanni avevano già visto Gesù fare miracoli, guarire ammalati, attrarre a sé le folle, parlare con un’autorità come nessun altro prima di lui. Ma sul monte Tabor vivono un’esperienza di Gesù ancora più grande: vedono con i propri occhi la sua gloria, il suo essere Dio non solo nel suo agire, ma anche nel suo aspetto, nella sua persona. Ma l’esperienza dei discepoli contiene un aspetto che sorprende: con i loro occhi vedono, sì, la gloria di Gesù, ma i loro orecchi lo odono parlare del suo esodo, della sua passione. Gloria e passione insieme, dunque.

Spesso nel nostro cammino di fede, soprattutto quando la vita ci viene incontro con il suo volto più oscuro, desideriamo anche noi fare esperienza della gloria di Gesù. Lasciamoci sorprendere dalla risposta che l’evento del Tabor dà al nostro desiderio: Gesù ci si manifesta glorioso non perché ci tira fuori dalle nostre passioni, ma perché ci entra dentro, ci raggiunge fin nel più profondo di esse per farci compagnia e assumerle su di sé.

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