18 aprile – Amore sino alla fine, Giovedì santo Cena del Signore

Pubblicato giorno 17 Aprile 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

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Da Messale festivo EMP

Giovedì santo – Cena del Signore

Amore sino alla fine

La porta d’ingresso al Triduo pasquale è la scena intima di Gesù a tavola con i suoi discepoli e amici. L’ultima cena richiama un’altra mensa a cui Dio si è seduto, resaci familiare da una celebre icona di Andrej Rublëv: la mensa di Mamre (cf. Gen 18,1-6). Nei tre uomini invitati da Abramo alla sua tavola i padri della Chiesa hanno riconosciuto le tre persone della Trinità. A Mamre avviene il fatto inimmaginabile di Dio, l’Altissimo, il totalmente Altro, che si abbassa fino a condividere con la sua creatura il bisogno elementare di mangiare e mangiare in sua compagnia. Alla tavola del cenacolo di Gerusalemme la condiscendenza e l’amore di Dio si spingono ancora più in là, raggiungendo un estremo insuperabile: Dio non si limita più a condividere la mensa con l’uomo, ma si dona a lui come cibo. E questo banchetto si svela per quello che veramente è, «convito nuziale del suo amore» (colletta), perché è proprio dell’amore sponsale darsi all’altro fino a diventare una carne sola. In questo convito Cristo ci offre il suo corpo e il suo sangue e così si unisce con noi come lo sposo con la sposa, imprimendo il sigillo del per sempre al dono che ci ha fatto di se stesso morendo in croce per noi. Con il pane eucaristico, «memoriale della morte del Signore» (inno Adoro te devote), Dio rimane per sempre unito alla nostra umanità, dentro la nostra storia, rendendo di nuovo possibile ciò che avevamo perduto: rimanere nell’Amore, uniti a lui come i tralci alla vite (cf. Gv 15,9 e 5). «Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio» (sant’Ireneo di Lione): è l’immenso dono d’amore che si compie nel mistero pasquale.

prima lettura   Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore

Quando dobbiamo organizzare una festa per un evento importante della nostra vita, come può essere un matrimonio, una nascita o una laurea, cerchiamo di non trascurare nessun particolare, vogliamo che tutto sia curato fin nei minimi dettagli. Anche per la festa di Pasqua che data la liberazione di Israele dall’Egitto è così: il Signore stila a Mosè e Aronne un dettagliato e minuzioso elenco di preparativi. Niente è lasciato all’improvvisazione. Sono segni che indicano l’importanza agli occhi del Signore di questa particolare Pasqua. Egli si coinvolge e si compromette così tanto col suo popolo da considerare questa Pasqua non solo come festa d’Israele, ma come festa sua (cf. v. 11 e 14).

seconda lettura   Nella notte in cui veniva tradito

Non c’è gesto d’amore più grande di dare la vita per chi amiamo (cf. Gv 15,13). Infatti non abbiamo da donare nessun bene più prezioso della vita. Già da solo questo gesto ci lascia ammutoliti per la sua grandezza. Ma Gesù fa qualcosa di più grande ancora: compie il gesto di dare se stesso, il suo corpo e il suo sangue, libera e consapevole anticipazione dell’offerta della sua vita sulla croce, «nella notte in cui veniva tradito» (v. 23). Porta all’estremo il suo amore non quando è ricambiato, ma quando è contraddetto dal tradimento, dal rinnegamento, dall’abbandono dei suoi amici. La spirale del peggio che abita il cuore dell’uomo non blocca il gesto d’amore di Gesù. In un’altra sua lettera san Paolo ci spinge a riconoscere che proprio così «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).

Vangelo   Cominciò a lavare i piedi dei discepoli

Gesù, durante le ultime ore trascorse con i suoi discepoli, compie un gesto che è il definitivo smascheramento dell’antica menzogna di Satana: «Meglio regnare all’inferno che servire in paradiso» (J. Milton). Con questa menzogna Satana aveva allontanato l’uomo da Dio e gli uomini tra di loro, lontananza che è il vero inferno per l’uomo. Infatti, creato a immagine di Dio che è amore e comunione, è nella vicinanza e intimità con lui che il cuore dell’uomo si quieta e trova riposo.

Gesù si china ai nostri piedi e annulla con un gesto semplicissimo e umilissimo quell’antica distanza abissale e ci chiede di fare nostro tale gesto per aver parte con lui, ci chiede di vivere le nostre relazioni in lui, non secondo la logica del dominio, ma secondo quella del servizio quale affermazione amante e gratuita dell’altro.

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