21 luglio – Apri i miei occhi, Signore; 16a domenica del tempo ordinario, anno C

Pubblicato giorno 19 Luglio 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

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da Messale festivo 2019 EMP

 

16a domenica del tempo ordinario

Apri i miei occhi alla tua visita, Signore

 

Potremo ascoltare la parola che il Signore ci rivolge questa domenica attraverso una parola chiave: accoglienza e vita nuova. Accoglienza dello «straniero» (prima lettura), del fratello (seconda lettura), di Cristo (Vangelo). Abramo «nell’ora più calda del giorno alzò gli occhi e vide tre uomini». Nell’età avanzata e nell’ora più calda del giorno, quando tutte le energie sono assopite, Abramo si scomoda ad accogliere tre stranieri, giunti improvvisamente davanti al suo sguardo, con gesti puramente gratuiti e disinteressati. Alla fine della visita è lui a ricevere il dono più grande: la promessa di un figlio. Promessa di vita nuova che scaturirà dal suo animo accogliente e fiducioso in Dio. Accogliere l’altro presso di sé, dentro di sé, è anche l’esperienza di Paolo: «Le sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne» dice che sono per lui causa di «letizia». Paolo sa che l’accoglienza delle sofferenze, dei pesi dei fratelli, aiuterà Cristo a nascere nel loro cuore: «Cristo in voi». Cresce così il corpo di Cristo, la Chiesa. Come accogliere Cristo in noi? Gesù stesso lo dice: scegliere di stare con lui, scegliere di arrestarsi e ascoltarlo, nel silenzio del nostro cuore. Questo significa avere un presente. Finché ci affanniamo tra lo ieri e il domani siamo fuori dal tempo, ma se stiamo quieti, sorge in noi il presente, allora siamo collegati con l’eternità: «la parte migliore, che non ci sarà tolta». L’accoglienza dello straniero, del fratello, di Cristo è un’unica accoglienza della vita che Dio ci offre visitandoci. Una novità di vita che non cambia magicamente la realtà quotidiana in cui siamo immersi, ma plasma il nostro intimo, il nostro sguardo e il nostro stare con i fratelli.

Signore Gesù, parola di vita eterna, distogli i miei occhi dalle cose vane e aprili alla tua visita. Donami di gustare la dolcezza della tua parola e di accoglierla nei luoghi più nascosti del mio essere. Allora crolleranno le resistenze per la tenerezza della tua conoscenza e le mie mani si apriranno a servire i fratelli.

prima lettura   Non passare oltre senza fermarti

Abramo non conosceva Dio, come noi, attraverso il volto di Cristo. Il volto di Dio gli era «sconosciuto», ma nell’accoglienza di quei tre sconosciuti, tre stranieri, Abramo riceve una promessa di vita: fra un anno nascerà il figlio tanto atteso, la cui discendenza sarà un popolo numeroso come le stelle del cielo.

 

seconda lettura    Lieto nelle sofferenze

La felicità di Paolo sta nell’adempiere la legge di Cristo, in forza della quale si carica e porta con benevolenza i pesi, le sofferenze causategli dai fratelli che ancora stanno imparando ad amare Cristo. Cristo stesso è la legge di carità che Paolo accoglie e offre quale vita nuova che si riversa con sovrabbondanza a favore di tutto il corpo di Cristo, la Chiesa, composta da tutti i cristiani.

 

vangelo    Lo accolse nella sua casa

Nella casa Gesù è accolto da due sorelle: Marta «preoccupata e agitata per molte cose» per essere accogliente e Maria pronta a sedersi per ascoltarlo. A entrambe Gesù parla, dona vita nuova. Marta viene così dolcemente disarmata delle sue preoccupazioni – «Marta, Marta…» – con l’indicazione di ciò che è essenziale; Maria sceglie di ascoltarlo aprendo le porte della sua casa interiore. Non di solo pane, infatti, vive l’uomo, ma di ogni parola che viene dalla bocca di Dio. Gesù rende queste sorelle profondamente sorelle dall’ascolto di lui, in lui e con lui. Un ascolto che non è l’attimo della pausa caffè prima di rientrare nella centrifuga (fuga dal centro) degli impegni quotidiani e nemmeno uno starsene nell’ozio. È mettere radici in un posto stabile, è assumere interiormente la posizione di accogliere, nella quiete, la luce e di lasciarsi illuminare. La quiete è per l’opera, per il servizio, ciò che la terra silenziosa è per le piante: dà forza, pienezza, durata, stabilità interiore. Così accolto, Gesù feconda di vita nuova il nostro essere e ci invita a lasciargli tempo e dargli spazio, ad attendere che le cose crescano e maturino. Alle volte vogliamo far tutto, risolvere tutto, capire e spiegare tutto. Se ci affrettiamo in balia all’impazienza, non facciamo che aggirarci fuori di noi stessi, in preda a ogni paura e passione e seduzione. Solo la pazienza dell’ascolto silenzioso di lui è capace di riconsegnare noi a noi stessi. Se saremo pazienti e poveri davanti a lui, egli ci darà in possesso la nostra anima, che «non ci sarà tolta». Non lasciamoci rubare la Parola.

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