24 marzo – Quando il cuore cambia. Portare frutti di vera conversione, 3a domenica di Quaresima anno C

Pubblicato giorno 22 Marzo 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

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da “Messale festivo” EMP

 

24 marzo

3a domenica di quaresima

Frutti di vera e continua conversione

 

C’è un unico luogo al mondo dove può accadere qualcosa di veramente nuovo: è il nostro cuore. Questa novità accade quando, liberi dai fermenti del peccato, viviamo le vicende di questo mondo sempre orientati verso i beni eterni, come dice la liturgia quaresimale (cf. prefazio di quaresima II). Gesù ha vissuto con questo «orientamento», aprendoci la via e chiamandoci a percorrerla con lui e in lui. È la conversione, novità del cuore dell’uomo, capace di trasformare il mondo da un luogo di nemici a un luogo di fratelli. È vivere la nostra vita battesimale, immersi totalmente nella vita di Gesù, nel suo modo di amare, di relazionarsi con gli altri, di valutare fatti e persone, di stare di fronte al male e alla violenza. È quel movimento del cuore che ci consente di fare nostri i sentimenti di Cristo, che non ha risposto al male con il male, con la mormorazione, con la recriminazione, ma con il bene spinto fino all’estremo. È l’esperienza che nei santi vediamo farsi vita affascinante, credibile e convincente, perché hanno preso sul serio la parola: «Siate santi perché io sono santo» (Lv 11,44). San Francesco d’Assisi, uno dei santi più amati di tutti i tempi, nel suo testamento spirituale ci ha consegnato la sua esperienza di conversione nell’espressione «usare misericordia». San Francesco scrive che in questo modo ciò che gli sembrava amaro gli si convertì in dolcezza d’animo e di corpo, cioè divenne esperienza che coinvolse tutta la sua esistenza. La dolcezza di un’esistenza riconciliata e presente con l’amore nelle vicende di questo mondo è il dono insito in ogni nostro più piccolo passo di conversione.

prima lettura   Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo

Quando avviene lo straordinario incontro con Dio sul monte Oreb, Mosè, pur avendo trovato casa e affetti nel paese di Madian, è un uomo in fuga da se stesso e dal suo passato, segnato intimamente da un senso di fallimento, oppresso dal peso di un omicidio (cf. Es 2,11-22). Il movimento che dà inizio a una bellissima storia di conversione e di riconciliazione con la sua vita ferita è il desiderio di avvicinarsi a osservare destato in lui dall’evento misterioso del roveto ardente. Se il primo passo della conversione è il desiderio di Mosè, c’è però un movimento ancora precedente: quello di Dio che va incontro a Mosè nel «grande spettacolo» (v. 3) del roveto. L’inizio vero, per quanto nascosto, di ogni conversione è sempre il chinarsi di Dio su di noi, sui nostri fallimenti, sulle nostre ferite, sul nostro peccato.

seconda lettura   Non mormorate

Se la prima lettura ci indica nel desiderio il primo movimento della conversione, questo brano di san Paolo ci apre gli occhi su uno dei più grandi ostacoli a tale movimento: la mormorazione. Non si tratta della semplice lamentela, che pure è già indizio di resistenza e di immobilismo nei confronti della vita, che per sua natura ci provoca sempre a uscire dai nostri punti di vista sulla realtà. Più profondamente la mormorazione è un «movimento» contrario alla conversione: non solo non ci avvicina a Dio, ma ce ne allontana. Questa lontananza è il vero deserto da cui il cammino quaresimale vuole trarci fuori. Infatti, come ci ricorda il padre della Chiesa Origene: «Non credere che questi avvenimenti si siano compiuti tempo fa, ma che per te che oggi ascolti non avvenga nulla di simile. Tutto si compie, in te, spiritualmente».

Vangelo   Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo

Quanto spesso fatti di cronaca segnati dal male e dalla violenza ci sconcertano, strappandoci commenti e osservazioni di vario genere, che però non lasciano pace nel nostro cuore. È stato così anche per quelle persone che si sono avvicinate a Gesù a riferire di un abuso di potere del governatore romano. Erano, come noi, in cerca di spiegazioni di fronte alla violenza che esplode e colpisce inaspettata, senza ragioni e senza potersene difendere.

Gesù sgombra subito il campo da ogni equivoco sull’origine della violenza che l’uomo subisce: il male non è mai una punizione, tanto meno divina, per un peccato compiuto. Ma Gesù è ancora più fermo nel chiarire che se facciamo dell’esistenza del male, in tutte le sue forme, un’obiezione alla conversione, sbagliamo, destinando noi stessi a perderci. Nelle parole di Gesù riecheggia l’accorato invito che da sempre Dio rivolge all’uomo: «Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita» (Dt 30,19). La conversione è scegliere la vita.

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