24 novembre – Dio è Re di cuori! Cristo re dell’universo, anno C

Pubblicato giorno 21 Novembre 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

Condividi su:   Facebook Twitter Google
Foto von Beata Dudová von Pexels

da Messale festivo EMP

Solennità di Cristo Re dell’universo

Dio è re di cuori

 

Forse la solennità di oggi ci pare anacronistica: non è più tempo di monarchie, per noi gente del XXI secolo. Ma la regalità di Cristo è quella dell’amore. La solennità di oggi ci parla del mistero eterno dell’unità che Dio ha deciso di manifestare sin dal momento della nostra creazione come forma più alta dell’amore. Essa non avrebbe senso se non racchiudesse in sé una sintesi appassionata della storia della salvezza. Questa è una storia d’amore al cui centro è posto l’uomo, come magistralmente canta san Francesco nella sua Regola non bollata: «Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in paradiso. E noi per colpa nostra siamo caduti. E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e per la croce, il sangue e la morte di lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù. E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: “Venite, benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo”» (Fonti francescane 63-65).

prima lettura   Siamo tue ossa e tua carne

Ogni esperienza d’alleanza ha un tratto comune: esprime un patto che unisce nella pace e nella collaborazione due soggetti, sia che si tratti di persone, sia che si tratti di popoli. Nella Scrittura l’alleanza ha a che fare con il mistero dell’unità originaria e amorosa fra Dio e l’uomo, da cui deriva anche quella fra l’uomo e la donna. L’alleanza ha quindi un tratto nuziale, percepibile anche in questo brano: le tribù di Israele si presentano a Davide per ungerlo re con una dichiarazione che ricorda il canto nuziale di Adamo alla vista di Eva («questa volta ella è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne»): «Siamo tue ossa e tua carne», siamo una sola cosa con te.

seconda lettura   Ci ha trasferito nel regno del Figlio del suo amore

È sempre commovente leggere il canto di lode a Cristo e alla sua pasqua che Paolo innalza scrivendo ai colossesi. La regalità di Cristo e del suo regno, nel quale siamo già stati trasferiti (v. 13), è espressa come il progetto trinitario concepito da sempre per raccogliere l’intero universo, visibile e invisibile, conosciuto e sconosciuto, nell’unità. Il mezzo attraverso il quale questo progetto si realizza è la croce e il sangue di Cristo. In lui ogni inimicizia è vinta e ogni male perdonato e superato. La grande pasqua cosmica del corpo unito al Capo è il contenuto del nostro stesso mistero battesimale che ci fa regnare sul male e sulla morte.

vangelo   Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno

Proponendoci questo brano la liturgia ci vuol far comprendere e sperimentare che la regalità di Dio sulla nostra esistenza di uomini, il suo modo di esercitare il potere, non è per la morte, ma per la vita. Nessuna monarchia, nessun potere politico ha mai dato la vita per il popolo, solo Dio lo ha fatto e continua a farlo. Eppure, la logica amorosa di Dio è fatta oggetto di sarcasmo, rabbia, incredulità, ultimi tentativi di esorcizzare la morte nella derisione del bene, della mitezza e dell’umiltà. A volte la nostra incredulità si manifesta come cinismo senza pietà, quando la nostra aggressività evoca a sé il potere di dare la morte, salvo poi accorgerci che a essa tutti siamo condannati. Dio, in Gesù, ha voluto essere «condannato alla stessa pena» in virtù dell’alleanza sponsale stretta con l’incarnazione: Dio, facendosi uomo, ha accettato la nostra condizione creaturale di fragilità e perfino la morte. Dio si è spinto fino a questo punto facendo della «croce la chiave di volta della storia della salvezza… Solo nella croce si attua la piena liberazione dal male, se ne accettiamo le conseguenze su di noi per perdonarlo e superarlo, come ha fatto Gesù» (Carlo M. Martini). Dio si china sulle nostre malattie e infermità e le prende su di sé: quando Gesù ci invita a prendere la nostra croce e portarla dietro a lui, ci invita a quest’opera regale che è il perdono, che in qualche modo è sempre e solo possibile dalla croce, poiché solo lì il male è vinto. Per sempre, nell’amore.

Condividi su:   Facebook Twitter Google