25° di professione
3 ottobre 2015 – Testimonianza di sr. Maria Emmanuela Bortolotti
Lo scorso 3 ottobre 2015 ho celebrato il 25° di professione fra le Sorelle Povere di santa Chiara.
Venticinque anni… sono passati come un soffio!! La grazia del 25° c’è stata, ed è stata tanto grande e davvero gratuita! Non solo perché, con le sorelle, ho potuto sperimentare la vicinanza di tanti familiari ed amici, vicini e lontani, presenti fisicamente e spiritualmente, ma perché la loro presenza era un attestato della preziosità della vita e di questi 28 anni di monastero che, pur nell’assoluta sporadicità dei contatti, ha reso evidente che proprio il Signore era la ragione del nostro dire grazie in quel giorno. Un dono di comunione e di benedizione grande!
I brani scelti per la celebrazione sono quelli che, in qualche modo, raccontano la mia storia, la grazia con la quale il Signore mi ha attratto e continua ad attirarmi a sé. La prima lettura era tratta dal libro dei Re, il mistero del faccia a faccia di Elia con Dio sull’Oreb; la seconda lettura, tratta dalla lettera ai Colossesi, esprimeva l’invito a cercare le cose di lassù e il salmo ha dato voce al canto del desiderio del volto di Dio (sl 26). Infine il Vangelo, a me carissimo, era quello di Gv 12, il seme che cade in terra e muore. Commentando questo brano evangelico il card. Martini, proprio nel Duomo di Trento, in occasione del XVI centenario della morte dei martiri Anauniesi, diceva:
“La croce è la chiave di volta della storia della salvezza e Gesù non può proporre altro; per questo pronuncia la parabola del chicco di grano che deve morire e la spiega come un invito alla sequela parallelo ad alcuni testi sinottici. Il seme è Gesù che, attraverso la morte di croce porterà frutto abbondante donando la vita per tutti gli uomini. La sua affermazione è dunque cristologica, non ascetica, e le esortazioni che seguono tendono ad assimilare il discepolo al maestro: ‘Dove sono io là sarà anche il mio servo’ […] “Cosa dice alla nostra Chiesa e a ciascuno di noi il martirio cruento di Sisinio, Martirio e Alessandro? … Dice che solo nella croce si attua la piena liberazione dal male, se ne accettiamo le conseguenze su di noi per perdonarlo e superarlo, come ha fatto Gesù” .
Non è forse l’accettazione delle conseguenze del male il primo passo che apre il cuore del credente alla chiamata a uscire da se stesso nell’amore? E che altro è fermarsi a celebrare la fedeltà di Dio lungo gli anni della nostra vita se non cantare la sua grazia e la sua misericordia, più grande di ogni nostro limite? Un testimone credibile di questa chiamata è fr. Christian M. de Chergé, ucciso con altri sei confratelli trappisti in Algeria nel 1996. La sua testimonianza disarmata e disarmante mi accompagna da quasi vent’anni come coscienza della bellezza della vita vissuta nell’umiltà e nell’amore:
“Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quel attimo di lucidità che mi permettesse di chiedere il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, perdonando con tutto il cuore, nello stesso momento, a chi mi avesse colpito … E anche tu, amico dell’ultimo istante, che non saprai quello che starai facendo, sì, anche per te io voglio dire questo GRAZIE, e questo AD-DIO, nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, Padre di tutti e due” .
Ritrovare in questa parola di Dio la mia storia, il mio tragitto di vita, è la grazia operante e viva di ogni giorno, quella grazia che rende la Parola roccia sotto i miei incerti passi. Ogni volta che torno a questi brani dentro di me si fa un grande silenzio e resta solo il desiderio di ascoltare sempre più in profondità il mistero di questa vocazione, della vocazione a cercare ogni giorno e incontrare il Signore e la sua salvezza, a divenire sua dimora, a conformarmi a lui negli affetti e nella volontà, di una vocazione che mi lega all’umanità di questo nostro tempo, che mi impegna all’intercessione. C’è in me uno stupore enorme difronte al dono senza limiti di Dio che si abbassa fino a me… che fa di questo abbassamento uno strumento per manifestare la sua misericordia per tutti! E ogni giorno il grazie si rinnova.