26 marzo – sabato santo
da Messale festivo 2016 EMP
26 MARZO
SABATO SANTO
DISCESE AGLI INFERI
Quando qualcuno muore, fra noi e lui si apre «un grande abisso» (Lc 16,26), che rimane per noi misterioso e per tanti aspetti invalicabile fino al momento che non tocchi anche a noi passare dall’altra parte dell’abisso.
Anche Gesù, con la sua morte, entra in quest’abisso. Egli, che ha in sé la vita, entra nella morte, ma invece di essere inghiottito dalla morte, è lui a inghiottirla (cf. 1Cor 15,54). Per questo la liturgia delle ore del sabato santo può farci cantare già esultanti: «Oggi il nostro Salvatore ha abbattuto le porte e le sbarre della morte».
L’icona del sabato santo è questa vittoriosa discesa agli inferi di Gesù. Ma per noi, rimasti al di qua dell’abisso, quest’icona, come l’altro lato della stessa moneta, diventa tempo di attesa. Il sabato santo ci spinge ad assentire a questa dimensione della vita. E come può sembrare lunga quest’attesa, perché in realtà è l’intera nostra vita a costituire un unico sabato santo. Ma non è un’attesa sterile e vana. Mentre Gesù scende agli inferi «comunicando la pienezza della vita ai giusti che erano in attesa» (Catechismo della Chiesa cattolica 243), i nostri stessi inferi sono visitati, a cominciare dalla nostra più grande nemica: la paura della morte.
Il dono dell’attesa di questa giornata è la sicurezza che qualsiasi tenebra stiamo vivendo, quale che sia il nome dei nostri inferi personali, sono già stati visitati. Già siamo preceduti e attesi dal nostro Salvatore, dal suo abbraccio. Ormai è sempre vero che «le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera» (1Gv 2,8b).