31 luglio

Pubblicato giorno 30 Luglio 2016 - Commenti alle letture festive 2016

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31 luglio

da “Messale festivo 2016” EMP

 

31 LUGLIO
18A DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
IL SIGNORE È MIA PARTE DI EREDITÀ

A che cosa lego la mia vita? È la domanda con cui proviamo ad accostarci questa domenica ai testi sacri. Il desiderio e il possesso dei beni (eredità) sembrano placare e riempire l’esistenza e, in quanto «eredità», non richiedono alcuna fatica, se non la pretesa del «mi sono dovuti». Sembra che essi contengano una certa sicurezza e offrano tranquillità, serenità e felicità. Anche Dio, in qualche modo, rientra in questa logica quando lo interpelliamo per avere «ciò che mi spetta». Dio allora diventa colui che sta sopra («chi mi ha costituito giudice sopra di voi?») e quindi posso reclamare i miei diritti. Ma la vita non è un diritto da reclamare contenuta nei beni, siano essi salute, età, conoscenza, intelligenza, denaro, abilità o altro. La vita è un dono che posso solo ricevere con gratitudine dalle mani di colui che mi sta davanti: «arricchirsi presso Dio»! Che cosa può significare questo per noi? Forse riconoscere di possedere, in fondo, solo il nostro peccato e imparare a donare ciò che abbiamo ricevuto. È un’illusione trattenere la vita chiudendo le mani sui beni e legarla a essi con l’accumulo e la conservazione. Trattenere beni presso di me non può mettere al sicuro la mia vita, perché non mi appartiene e i beni che ho non me la garantiscono. Infatti, la prima lettura mi ricorda che «dovrò lasciare i miei beni». Anche san Paolo nella lettera ai Colossesi ci propone di alzare lo sguardo: «Cercate le cose di lassù… pensate alle cose di lassù». Siamo invitati a distogliere lo sguardo dalle false sicurezze terrene per accorgerci che ogni bene è un dono ed è occasione di incontro con colui che ce lo offre, perché dono di lui e della sua bontà che ci sta davanti. È Dio che ci arricchisce con il suo amore gratuito. In lui riconosciamo che rimaniamo in vita grazie all’amore che tanti ci offrono gratuitamente, perché l’amore viene solo da Dio.
Signore, non lasciare che il mio cuore sia legato dai beni e dal loro luccicore. Quando mi lascio prendere miserevolmente dai beni, tu correggimi paternamente e liberami misericordiosamente. Apri i miei occhi e io veda quanto è preziosa ai tuoi occhi la mia vita.

PRIMA LETTURA Dovrà lasciare i suoi beni
Coinvolgersi con la vita, lavorarvi con passione e fatica sembra destinato allo spreco, alla vanità: è questo lo sguardo che ho sulla vita? A che cosa mi lego?

SECONDA LETTURA Cercate… pensate alle cose di lassù
Pensare alle cose di lassù interroga costantemente la nostra libertà ad aderire al bene, finché Cristo sia tutto in tutti. La libertà deve essere sempre di nuovo conquistata a partire dalla custodia del cuore.

VANGELO Arricchirsi presso Dio
Dalla folla una persona si espone a Gesù con una domanda. Dice di essere fratello di uno che non vuol condividere con lui l’eredità e chiede a Gesù di intervenire. La domanda diventa così un primo passo di un dialogo. A cui Gesù risponde chiamandolo: «Uomo»! Gli rimanda la sua alta dignità e responsabilità di essere, anzitutto, uomo e non il servo di un «giudice sopra» le parti, cioè distante. Ciò che veramente vale – Dio – è posto lontano, «sopra», sostituito da ciò che non vale – molti beni e molti anni –. Che coscienza ha questo uomo – e io con lui – della sua anima? di se stesso? «Riposarsi, mangiare, bere e divertirsi» sono le sue aspirazioni, ma esse nutrono solo illusioni di felicità. L’anima si è come fermata, chiusa nel godimento di un sé privo di vita, immobilizzata nel cammino verso il di più della vita, tanto da vantare diritti su un’eredità che non può garantire a nessuno vita e prosperità. Gesù con la parabola e le parole ti sarà chiesta la vita, apre l’uomo verso un’invisibile che non è più in grado di vedere: la vita è il bene più prezioso che hai fra le mani. Come se gli dicesse: tu chiedi a Dio l’eredità, i beni, mentre Dio ti chiederà la vita, il bene che ti ha donato per arricchire presso lui e i fratelli; tu chiedi al fratello l’eredità di un padre morto, mentre Dio – Padre vivente – ti ha fatto il grande dono della vita, sei suo figlio. Nella vita abita il divenire della grazia che sempre può operare in noi. Le ricchezze, tutt’al più, occupano e preoccupano mente e cuore e lasciano morire in noi la Vita, perché cerchiamo di ottenere tutto dalla vita presente. Essere possessori di beni – materiali o spirituali, temporali o eterni – può soddisfare il piacere, lo «star bene», ma il diventare uomo nasce e si sviluppa da una relazione col Padre. Affidiamoci a lui con le parole del Salmo 15: «Il Signore è mia parte di eredità e mio calice, nelle tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, la mia eredità è stupenda».

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