31 marzo – La festa del perdono, 4a domenica di Quaresima anno C

Pubblicato giorno 30 Marzo 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

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Photo by Helena Lopes from Pexels

da “Messale festivo” EMP

31 marzo

4a domenica di quaresima

La festa del perdono

 

Ci sono giorni nei quali la liturgia si fa più solenne, annunciando in modo trasparente nei suoi segni la dimensione della gioia e della festa. Oggi, domenica in laetare, nelle nostre comunità accade così. Vediamo i segni della festa nel colore dei paramenti liturgici che dall’austero viola trascolorano nel più vivace e gioioso rosa, nell’altare che da spoglio è ornato di fiori, primizie di primavera, nel suono della musica che riempie il silenzio quaresimale con le sue note armoniose. Quest’atmosfera di festa non è un’eccentricità liturgica del percorso quaresimale. Come avviene per un fiume carsico che scorre sotterraneo e nascosto, ma talvolta erompe in superficie, l’irrompere della festa nel cuore della quaresima è il segno che la gioia è la dimensione autentica e permanente, anche se non sempre visibile agli occhi, del cristianesimo.

Il motivo della gioia cristiana è manifestato nel banchetto che il padre misericordioso della parabola del Vangelo odierno imbandisce per il figlio ritrovato. Questo banchetto di festa è il simbolo eloquente del perdono e dell’amore con il quale siamo attesi, accompagnati e accolti durante l’intero nostro pellegrinare sulle strade del mondo fino al ritorno a casa. Anche quando non lo sappiamo e sentiamo, quando siamo lontani, intenti a sperperare l’eredità, ad affliggerci per le nostre difficoltà, a patire le prove della vita, il Padre ci attende, prontissimo a offrire perdono e amore come viatici per l’esistenza. «Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore» (Ct 5,1): è il canto lieto cha sale dalla liturgia di questa domenica di quaresima.

prima lettura   Celebrarono la Pasqua

Questo racconto del libro di Giosuè, posto dopo il passaggio del fiume Giordano e l’ingresso nella terra promessa da parte di Israele, segna contemporaneamente una fine e un inizio: la fine dell’esodo e l’inizio di una nuova pagina della storia di Israele. Il passaggio del Giordano non è semplicemente il passaggio di un confine geografico, ma si carica di un significato simbolico, perché non è solo l’ingresso in una terra, ma ben di più l’inizio di una nuova vita, libera, per Israele. In questa zona di confine tra il vecchio e il nuovo il primo atto di Israele è la celebrazione di una festa, la prima Pasqua celebrata dal popolo nella terra promessa. Non è solo una coincidenza cronologica: far festa è ciò che sgorga irresistibilmente dal cuore dell’uomo in presenza di ogni nuovo inizio di vita buona.

seconda lettura   Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove

È raro che l’inizio di una vita, la tenera bellezza di un neonato, non ci strappi un moto di contemplazione: almeno per un attimo ci fermiamo, attratti, a riempirci gli occhi di tale bellezza. Succede che, per quanto inconsapevolmente, siamo raggiunti e afferrati dalla verità che ogni inizio racchiude in sé: tutto è possibile. È la stessa verità, la stessa forza, mite ma reale, nascosta nel perdono, nella riconciliazione offertaci in Cristo. Se lo vogliamo e ci lasciamo riconciliare, le cose vecchie non hanno più il potere di impedire alla vita di fiorire verso nuovi inizi e nuove pienezze.

Vangelo   Facciamo festa

Al centro narrativo della celebre parabola del padre misericordioso c’è una festa. Di fronte al ritorno del figlio perduto il padre della parabola fa festa e chiede a quelli di casa di far festa. Non si fa fermare da considerazioni ragionevoli, non chiede al figlio che cosa abbia fatto nel tempo di lontananza da casa, tanto meno gli chiede conto dell’eredità evidentemente sperperata. Non si lascia neppure frenare dalla più che prevedibile reazione dell’altro figlio. Questo padre si lascia solo muovere dalla gioia imperiosa che vuole trasformarsi in festa e che nasce dal suo amore senza calcoli per il figlio perduto e ritrovato.

Un amore così ci costringe a confrontarci con le nostre complicità con le ragioni contrarie alla gioia, alla festa e alla gratuità. Un amore così ci chiede di abbandonarle per poter finalmente dire anche noi al Padre celeste: «Quella festa che preparasti un tempo al figliol prodigo, falla anche ora per me» (dalla liturgia ortodossa).

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