4 settembre

Pubblicato giorno 3 Settembre 2016 - Commenti alle letture festive 2016

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4 settembre

da Messale festivo 2016 EMP

 

4 settembre

23a domenica del tempo ordinario

Chi non viene dietro a me, non può essere mio discepolo

 

Con le letture di questa domenica siamo invitati a compiere un cammino di luce con il Padre, che rivela la sua sapienza, e con il Figlio, che ci mostra la nostra vocazione. È un cammino pienamente umano, che ci viene rivelato di tappa in tappa. L’«uomo mortale», distante da Dio, non riesce a comprendere la sua vera vocazione, inscritta nel progetto divino; procede come a tentoni, con timidezza e incertezza. Spesso le sue preoccupazioni riempiono il suo cuore più di quanto lo riempia il disegno del Padre. Dunque è Dio stesso che, con somma affabilità, si china sulla sua creatura donandole di intendere la sua chiamata, di gustarla, di sentirne il sapore e la dolcezza. Il dono della sapienza è elargito all’uomo e alla donna per conoscere Dio. E la conoscenza di Dio è la nostra salvezza. La salvezza è passaggio dalla schiavitù alla libertà, è rinascita e rigenerazione: salvandoci dal nulla e dal peccato Dio rende ciascuno di noi, per grazia, fratello e sorella del Signore Gesù. Fratello carissimo, sorella carissima, chiamati alla sua amicizia nella relazionalità positiva con ogni prossimo, chiamati alla vera libertà dei figli di Dio. In questa libertà può compiersi un’altra tappa del cammino cristiano: ciascuno di noi, costituito fratello e amico del Signore Gesù, può anche diventare suo discepolo, tutto dedito alle «sue cose». Come Gesù, radicato nella volontà del Padre che egli ha eletto tanto da definirla «suo cibo», ciascuno di noi può amare Dio e il proprio prossimo. Seguire Gesù e fare la sua volontà diviene pienezza, senso e criterio del nostro vivere, operare e amare. La realizzazione piena della nostra umanità sta in Gesù, mediatore tra Dio e gli uomini, e si compie attraverso l’ascolto amante della Sua Parola, dono efficace e sicuro.

prima lettura   Gli uomini furono salvati per mezzo della sapienza

L’uomo lontano da Dio riesce a progettare e a costruire se stesso solo in forza delle sue peculiarità umane, ma non coglie l’ampiezza del dono di Dio che lo invita a sé, a conoscerlo e a essere formato alla sua sapienza. L’uomo, lasciato a se stesso, è distante dalla sua vera vocazione, ma il Padre interviene in modo mirabile, custodendo la libertà della sua creatura e donando a ciascuno la sapienza che ammaestra e salva, preludio del dono dello Spirito.

seconda lettura   Se mi consideri amico, accoglilo come me stesso

L’esortazione di san Paolo rivolta all’amico Filemone, in favore di un amico, Onesimo, da lui generato alla fede nella sua prigionia, ci manifesta l’elezione divina su ciascuno di noi. Lo stesso Cristo Gesù, da schiavi che eravamo per il peccato, ci rende fratelli. E non solo: ci elegge ad amici, restituendo così alla nostra esistenza redenta la capacità di credere, amare e sperare. Ci dona cioè di vivere le virtù teologali che rendono ogni relazione pienamente umana, che fanno sì che il mutuo affetto generi l’amore fraterno: «Accoglilo come me stesso» è il comandamento del Signore riguardo ogni nostro prossimo.

vangelo    Se uno viene a me e non mi ama

Il Signore in questa sua Parola ci invita a riflettere in profondità sulla nostra adesione a lui, sulla nostra sequela di discepoli. Scegliere Gesù come unico Signore e maestro per amarlo in pienezza, capovolge i nostri schemi: riordina le nostre relazioni familiari, la nostra vita e persino le nostre sofferenze e fatiche, e le rende relative a sé. Le ridimensiona non perché esse non abbiano valore, ma perché ponendo lui al centro del nostro cuore, dando primato al suo Vangelo e al regno di Dio, tutto il resto assuma senso pieno e vera dignità. Quando la nostra esistenza, le nostre relazioni, il nostro vivere e soffrire ha Gesù al centro, quando assumiamo il Vangelo come criterio dell’agire e del pensare, tutto diviene «veicolo» per camminare sui passi del Signore. È questo il lavoro che siamo chiamati a intraprendere: non la costruzione di una torre, ma la costruzione della nostra fede. È la guerra che siamo chiamati ad affrontare, quella che ci libera dalla routine e dalla schiavitù delle cose e ci rende a poco a poco suoi discepoli, affrancati per lui dalla Parola e dalla sua grazia.

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