
Sono passati quarant’ anni da quel 25 agosto 1984, quando quattro sorelle provenienti dal Protomonastero S. Chiara di Assisi sono venute per dare vita al monastero San Damiano, qui in Borgo. Le sorelle erano: sr Donata (per oltre una quindicina d’anni responsabile della comunità nascente, che ora riposa al cimitero di Borgo), sr Celestina (rientrata assai presto ad Assisi per problemi di salute), sr Daniela (ora abbadessa al monastero di Erice in Sicilia) e sr Angelica che, con sr Costanza giunta in aiuto nel 1987, rappresenta la memoria delle nostre radici.
L’accoglienza ricevuta allora è stata affettuosa e calorosa, e continua a esprimersi ancor oggi come benevolenza, stima, delicatezza e attenzione verso di noi, rivelando quanto grande fosse l’attesa della nostra gente, della Diocesi e dei Frati di poter nuovamente avere la presenza clariana in Trentino, a distanza di quasi 200 anni dalla soppressione dei quattro monasteri esistenti tra i quali quello di S. Anna, qui a Borgo, ora sede del Municipio.
Ogni giorno prendiamo consapevolezza con enorme gratitudine di quanto sia immeritato quel bene, della distanza che c’è tra quella benevolenza, quell’affetto gratuito e la nostra povera risposta… è la stessa sproporzione che c’è tra i doni di Dio, che nella sua Provvidenza tesse ogni giorno una trama di bene, e la nostra risposta. Per questo, oggi più che mai, abbiamo bisogno della vostra preghiera, per poter dire con la vita grazie a ciascuno di voi e al Signore per la sua fedeltà. Grazie di cuore per sostenerci con la preghiera mentre vi assicuriamo la nostra!
In questi quarant’anni, al primo iniziale nucleo delle sorelle, si sono avvicinate delle giovani per iniziare un discernimento vocazionale, che ha portato alcune ad abbracciare il carisma di santa Chiara per rispondere al dono della chiamata all’amore, a quell’amore personale di Dio per ciascuno che trova forma ora nel matrimonio ora nella consacrazione. A oggi siamo 10 sorelle: una piccola famiglia che cerca di vivere il Vangelo.
Quarant’anni intensissimi: infatti dagli anni ’80 ad oggi si sono susseguiti rapidamente tantissimi cambiamenti, segnando anche il nostro quotidiano: sono ormai due anni che i frati minori non sono più nostri cappellani a motivo della chiusura delle presenze francescane in Diocesi, mentre lo sono i preti di Pergine che si turnano per la celebrazione quotidiana della Messa. Con la partenza dei frati anche l’intera struttura del ex convento è ormai monastero.
Contemporaneamente però, quarant’anni di vita, ci hanno permesso anche di prendere contatto, di scoprire, le radici secolari, ancora vive, del carisma clariano tutto trentino. Ci riferiamo in particolare alla figura della Venerabile Giovanna Maria della Croce, fondatrice del Monastero S. Carlo di Rovereto e del Monastero S. Anna di Borgo. La Venerabile, il cui desiderio era di rispondere al dilagare del rigorismo protestante con la testimonianza del Dio della misericordia, sognava a questo fine la fondazione di un monastero clariano e di un convento francescano nelle valli trentine di confine. Quelle piantate da Giovanna sono radici silenziose, apparentemente senza frutto anche a motivo delle soppressioni: ma portano i tratti della vocazione specifica della nostra Diocesi, quella che san Paolo VI ci ha affidato di essere “porta” ecumenica di cattolicità verso l’Europa.
“Al tempo del Concilio la città di Trento era stata scelta per facilitare l’incontro, per fare da ponte, per offrire l’abbraccio della riconciliazione e dell’amicizia. Trento non ebbe questa gioia e questa gloria.
Essa dovrà averne, come noi, come tutto il mondo cattolico, sempre il desiderio. Essa dovrà assurgere a simbolo di questo desiderio, oggi ancora, oggi più che mai, vivo, implorante, paziente, pregante.
Essa dovrà, con la fermezza della sua fede cattolica, non costituire un confine, ma aprire una porta; non chiudere un dialogo, ma tenerlo aperto; non rinfacciare errori, ma ricercare virtù; non attendere chi da quattro secoli non è venuto, ma andarlo fraternamente a cercare.
È ciò che il Concilio nuovo, continuando l’antico, con l’aiuto di Dio, vuole fare; ed è ciò che voi, più di ogni altro, nella Chiesa di Dio, dovete capire e tutt’ora, come la Provvidenza suggerirà, assecondare!”
Mandato del beato Paolo VI alla Chiesa di Trento (8 marzo 1964)
Il desiderio che ci anima è quello di porci in questo solco, anzitutto nella semplicità del quotidiano che ad intra è fatto di preghiera, lavoro, relazioni fraterne e ad extra di partecipazione orante alla missione della Chiesa universale e locale, di comunione con i vari volti della Chiesa locale, dal nostro Vescovo ai preti (che talora vengono per i loro esercizi spirituali), alle parrocchie del Trentino che ci raggiungono spesso con i ragazzi dell’iniziazione cristiana, di accoglienza, ascolto di quanti si avvicinano al monastero in ricerca di una parola, di un accompagnamento e di un confronto nel cammino di fede e di vocazione. Ma ogni desiderio ha da rimanere aperto al soffio dello Spirito che “soffia dove vuole”, per questo ogni carisma ha bisogno di incarnarsi nella vocazione della Chiesa locale perché è “lo Spirito che parla alle Chiese” affinché risplenda qualche tratto della infinita bellezza del volto di Cristo. Quindi, sì, in questo tempo di grandi e veloci cambiamenti, di sfide di integrazione della diversità, di solidarietà economica, di umanizzazione delle relazioni, di ricerca del dialogo e della pace, in questo tempo che ha sete di speranza rimaniamo in ascolto, per ricevere dallo Spirito, con voi, il dono sempre nuovo di questa vocazione.
Foto del coro di Mosana che ha animato la Celebrazione eucaristica