di don Luigi Maria Epicoco
“«Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia»”.
I ragionamenti della gente di Gerusalemme assomigliano così tanto ai nostri.
Infatti non di rado il nostro metro di giudizio è la critica, e la nostra convinzione di fondo è che ciò che pensiamo già di conoscere non ha dentro nessuna novità. Delle volte è così che trattiamo chi ci vive accanto, con critica e rassegnazione. È così che trattiamo la nostra quotidianità, con critica e rassegnazione. E in entrambi i casi, se potessimo far fuori le persone e le nostre routine, lo faremmo senza pensarci due volte.
Eppure, quella gente si trova di fronte a Cristo, al Figlio di Dio, al Senso di tutta la vita, ma lo trattano con aria di sufficienza e presunzione. Presumere di sapere è la radice di ogni nostra tragedia personale.
Invece, ogni rivoluzione e cambiamento nascono dal ragionevole dubbio che forse noi non sappiamo tutto e che faremmo bene a fidarci ogni tanto.
“Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato»”.
Il fastidio di cui è portatore Gesù è il fastidio che si prova davanti a una persona profondamente aggrappata a un significato. Le persone che hanno trovato un senso nella propria vita, sono felici. E le persone felici infastidiscono perché ci ricordano la nostra infelicità e fanno crollare la convinzione che l’infelicità è sopportabile solo perché tutti sono infelici. Se arriva chi ci dice che invece si può essere felici, e magari lo mostra con la propria vita, la prima reazione non è la gioia ma l’invidia.
E l’invidia è sempre omicida. In fondo Caino ammazzò Abele perché non sopportava l’idea che il fratello fosse più amato di lui. (Gv 7,1-2.10.25-30)