5 giugno

Pubblicato giorno 4 Giugno 2016 - Commenti alle letture festive 2016

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5 giugno

da “Messale festivo 2016” EMP.

 

5 GIUGNO
10A DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
LASCIAMO L’ULTIMA PAROLA ALLA VITA

La vita è costantemente ferita e minacciata dalla morte. Il dolore, la malattia e anche la vecchiaia risvegliano in noi la coscienza della morte e della nostra mortalità. Per «difendere» la vita e non essere toccati o toccare la morte, in fondo così vicina, diventiamo abili a evitare, mascherare, ironizzare, minimizzare la morte, fino a illuderci di esserne esenti. In questo modo però ci condanniamo a non crescere e a far morire le possibilità di sviluppo della vita che ci abitano. Sia il profeta Elia che san Paolo ci mostrano come sia indispensabile il dialogo con la vita. E la vita è Gesù. Lui si fa accanto a noi sulla stessa strada che percorriamo per aiutarci ad accostarci al mistero del dolore e della ferita, per guardare insieme a noi, anzitutto, le ferite che ci abitano e che, se non curate, ci possono portare alla morte. La misura di una vera umanità si può cogliere dalla capacità di soffrire per amore, dalla compassione che muove Gesù. Anche Elia e Paolo sono innestati e mossi dalla stessa compassione di Cristo, amanti della vita vera. Inserirsi nella compassione di Cristo, rimanere innestati nel suo amore, è possibile anche per noi oggi a partire dall’accogliere con lui le piccole fatiche del nostro quotidiano e offrendogliele. Il dinamismo di questa compassione ha una ripercussione su tutto il genere umano, perché in Cristo siamo un unico corpo in cui la vita, Cristo, scorre a beneficio di tutti. Se ce ne sottraiamo, in qualche modo iniziamo a morire e la corruzione della morte intacca anche chi ci sta accanto. Alziamo anche noi il nostro grido pregando: Gesù, presente sulle vie del mondo, sulle vie dove passa la morte, interrompi con il tocco della tua presenza questo flusso, strappa dalla solitudine e dal nascondimento chi ha avuto esperienza della morte. Attiraci a te e aiutaci a «confrontarci» con la morte. Tu sei l’unico che può affrontare la morte. Tu solo liberi e rendi liberi, perché anche noi possiamo liberare ogni fratello e sorella oppressi da situazioni di morte. Possa così riprendere per ciascuno il dialogo con la «madre», con la vita.

PRIMA LETTURA Guarda! Tuo figlio vive
«Che cosa c’è tra me e te, o uomo di Dio?» chiede la donna a Elia. In casa è giunta la morte sebbene fosse ospite il profeta di Dio, di Dio datore di ogni vita. Elia risponde facendosi carico della morte che ha strappato con violenza il figlio e lacera la madre: con tutto se stesso alza a Dio il suo grido e lo supplica perché ritorni la vita.

SECONDA LETTURA Dio si compiacque di rivelare in me il Figlio suo
Il dono di grazia che Paolo riceve da Dio, il Figlio suo Gesù Cristo, suscita un’urgenza. È l’urgenza di annunciare, di comunicare il dono ricevuto, la novità di Vita che rende vivi e ha il potere di dare vita a quanti crederanno in Cristo.

VANGELO Gesù … si avvicinò e toccò la bara
La strada che Gesù sta percorrendo è interrotta dal passaggio di una folla che conduce un ragazzo morto alla sepoltura. Accanto al cadavere del figlio la madre incede piangendo. È vedova. Con il figlio muore in qualche modo anche lei. Vedendola, il Signore, è preso da grande compassione e le dice: «Non piangere!». Questa è l’unica parola che le rivolge, una parola di vita che attraverserà il suo dolore di mamma per restituirgli il figlio vivo. Poi si avvicina e tocca la bara: tocca la morte e la ferma. Non sappiamo ciò che ha portato il ragazzo alla morte, ma non è ancora stato sepolto, e con lui la speranza. Solo Gesù può toccare la morte. Solo lui, la Vita, può far circolare nuovamente la vita nel figlio e, insieme, nella madre. Il suo sguardo, non potendosi incrociare con quello del ragazzo ormai morto, può sempre incrociarsi con chi gli sta accanto e soffre della sua morte, una morte che può essere spirituale. La mamma di sant’Agostino, santa Monica, vedrà il figlio risanato da Cristo per le tante lacrime versate e la preghiera accorata e costante con cui lo accompagnava. Il peccato, infatti, porta alla morte spirituale e toglie alla vita la forza, i colori, l’amore. Nel brano evangelico la parola di Gesù risuona con forza: «Ragazzo, dico a te, alzati!». Gesù ridà la vita tutta intera (spirituale e fisica) attraverso il travaso della misericordia del Padre. E il ragazzo inizia a parlare. Gli viene, cioè, restituita la capacità di dialogo con la madre. Riconciliati in Cristo diventiamo generatori di vita, di uno sviluppo in pienezza dell’altro. Lasciamo l’ultima parola alla Vita, lasciamo che essa possa germinare in noi attraverso le inevitabili prove e dolori che incontriamo

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