Commenti ai vangeli della settimana dalla domenica della SS. Trinità – Patrono d’Italia 2024

Pubblicato giorno 26 Maggio 2024 - ARTICOLI DEL BLOG, Il Vangelo di oggi

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Domenica 26 maggio
Nel nome del Padre
e del Figlio
e dello Spirito santo

La festa di oggi ci dona di entrare nel mistero di Dio che è relazione e comunione di vita,
reciprocità e scambio di doni.
Nell’incarnazione Dio è apparso come Padre che, mediante il suo Spirito, dona tutto ciò che è nel
Figlio, nel vincolo di un amore eterno. Anche noi battezzati “nel nome”, siamo chiamati a una vita
che rifletta un’appartenenza, una relazione, per essere tessitori di comunione nell’orizzonte della
misericordia e del perdono. Anche se le nostre relazioni sono ferite e segnate talora da fallimenti,
portiamo nel cuore l’anelito alla comunione, a essere una cosa sola, a immagine della Trinità che è
unità nelle differenze.
Siamo chiamati a tessere quel legame di amore che ci ha benedetto e generato, costruttori di
speranza in questo nostro mondo.

Lunedì 27 maggio
Voi lo amate
senza averlo visto

Mi commuove sempre questa affermazione di san Pietro perché rende veritiera la mia sequela,
visibile lo sguardo che mi ha guardata e ha toccato il mio cuore.

Anche ora, dopo molti anni, continuo giorno dopo giorno a credere in lui senza vederlo. Cerco di
amarlo come sono capace, anzi, cerco di lasciarmi amare da lui che continua a fissarmi con
misericordia e a rinnovare il suo invito a seguirlo. Ogni giorno ricomincio a camminare, anzi a
correre, per non perdere nulla del tempo che mi dona per amarlo.
Certamente continuo a non vederlo, ma il mio sguardo si sta affinando: ritrovo i suoi lineamenti
sparsi nella creazione, nei volti delle sorelle e dei fratelli, nella vita che mi viene incontro con le sue
gioie e le sue sofferenze. Sono tutte parole, annunci che parlano di lui e rinnovano l’amore.

Martedì 28 maggio
Ecco,
noi abbiamo lasciato tutto

Questo «ecco» mi risuona come una pretesa, una resa dei conti per un servizio dato, per una
sequela che risulta poco gratuita e disinteressata.
Dicendo questo, la scelta o il gesto compiuto perdono di significato, il lasciare diventa un
trattenere e un esibire il prezzo di una prestazione. È come se il Signore fosse incapace di vedere la
portata eroica del nostro aver lasciato affetti, case, beni, carriera: tutto questo è ancora lì,
nell’attesa di un riconoscimento!
Il Signore ci guarda con misericordia e ci educa pazientemente purificando le nostre motivazioni.
Ci dona la consapevolezza che il molto del nostro fare, non è nulla rispetto al suo donarsi a noi. Ci
fa sperimentare che la vera ricompensa è lui solo, nostro unico bene e ricchezza a sufficienza.

Mercoledì 29 maggio
Tra voi
non sia così!

Nel momento drammatico in cui Gesù annuncia la sua passione, i discepoli non sanno fare altro
che cercarsi un posto sicuro.
Il vangelo ci svela il paradosso della nostra vita: i bisogni veri che emergono in maniera velata o
evidente. Anche quando ci spendiamo generosamente nel servire dobbiamo essere molto accorti
e vigili per ascoltare in noi il sussurro di quella voce che chiede di emergere, di cercare il primo
posto.
Ci fa bene rimanere nel posto in cui ci troviamo senza cercarne un altro; ridere di noi,
sdrammatizzando, quando ci riconosciamo in preda al nostro io che vuole emergere; abbassarci,
quando vorremmo innalzarci e rimanere umili servitori di un Dio che si è messo il grembiule ed è
passato a lavare i piedi ai suoi, insegnandoci la grandezza della piccolezza.

Giovedì 30 maggio
Figlio di Davide,
Gesù,
abbi pietà di me

Quante volte ci ritroviamo seduti lungo la strada della vita, mendicanti di amore e di senso.
Rimaniamo lì ad attendere una parola, una mano che ci sollevi, incapaci di rialzarci da soli. Solo la
consapevolezza della nostra indigenza è già inizio di salvezza. La nostra povertà riconosciuta è il
grido di affidamento al Signore che solo può farci risorgere e può dare inizio alla vita. Occorre
coraggio per cambiare, gettare via il mantello a cui siamo affezionati, perché è comodo rimanere a
mendicare e piangere sulla nostra miseria.

Sì: occorre assumere la responsabilità di fronte alla vita, dove nulla ci può impedire di fare la
nostra parte, certi che il Signore è con noi, ci custodisce, e ci chiama a seguirlo.

Venerdì 31 maggio
Maria,
alzatasi,
si incamminò
in fretta

Mi incuriosisce la fretta di Maria. Perché questo passo affrettato verso Elisabetta?
La immagino, piccola donna, che cammina senza distrazioni, dirigendosi con premura verso la casa
della cugina. Vuole vedere con i suoi occhi la verità dell’annuncio che l’angelo le ha rivolto. Una
fretta evangelica, nella ricerca di un segno che riveli quanto le è stato promesso e che già nella
fede lei vede realizzato. Un desiderio di relazione, un’attesa di compimento: l’incontro di due
donne abitate dallo Spirito, obbedienti allo Spirito.
Oggi possiamo dirigerci in fretta verso le nostre occupazioni giornaliere, verso le persone che
condividono la nostra vita, se siamo abitati da un desiderio di incontro, di annuncio di una parola
che è stata segno per noi e vuole essere segno anche per l’altro.

Sabato 1 giugno
Con quale autorità
fai queste cose?

Domanda impegnativa e anche un po’ intrigante, alla quale Gesù non risponde. Anzi, replica con
un altro interrogativo che disorienta gli interlocutori.
Forse non sanno che l’autorità non è qualcosa che ci si dà da soli, ma è dono che viene dall’alto,
riconosciuto da tutti. È una forza che rende autorevoli in parole e gesti, per la coerenza tra ciò che
si afferma e le scelte che si compiono. Questa è l’autorità di Gesù! La sua persona era annuncio,
ancor prima delle sue parole. I suoi nemici non potevano comprendere per la loro ipocrisia,
incapaci di coerenza e credibilità, pieni di invidia per quanto lui stava compiendo.
Gesù ci insegna a non lasciarci turbare da persone come loro, ma a vivere in un atteggiamento di
conversione, per essere veri e autentici.

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