Commenti ai vangeli della XXXIV settimana del tempo ordinario, 24-30 novembre 2024

Pubblicato giorno 23 Novembre 2024 - ARTICOLI DEL BLOG, Il Vangelo di oggi

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Domenica 24 novembre

Il suo potere è un potere eterno

che non finirà mai

e il suo regno

non sarà mai distrutto

 

L’eternità è un concetto di cui non abbiamo esperienza, ma che ci piace moltissimo.

Ogni cosa buona che ci capita, subito ci fa interrogare su quanto possa durare, nella speranza che sia per sempre.

Per noi il bene episodico non è bene; quando viviamo un’esperienza vera, profonda, significativa, se poi finisce lascia dentro di noi un senso di perdita e di ingiustizia insopportabile. Così Dio ci rassicura che il suo regno non è tanto dove lui comanda, ma dove ci avvolge con la sua premura, dove il male non trova posto e la nostra stupidità neppure, dove la potenza del Signore ci pervade e rende capaci anche noi di opere grandi.

La buona notizia è che già da ora stiamo dentro questa meraviglia. Anche se a volte, a causa nostra o di altri, non ce ne accorgiamo.

 

Lunedì 25 novembre

Ecco la generazione che lo cerca,

cerca il tuo volto,

Dio di Giacobbe

 

Siamo noi questa generazione? Non sempre. Eppure dovremmo, con tutte le nostre forze. Invece, anche se ci consideriamo dei buoni cristiani, siamo affannati dal mattino alla sera rincorrendo tutto quello che pensiamo indispensabile.

Dovremmo proprio cambiare obiettivo. Vedere il volto di Dio? Il salmista parla di qualcosa che per Israele era impossibile da realizzare; forse sentire la voce divina, forse stupirsi di segni prodigiosi, ma Dio un volto da mostrare ancora non l’aveva; un volto umano.

Noi invece lo abbiamo veduto, in tutta la sua bellezza. Lo sguardo dolce di Gesù, la forza dei suoi occhi, la fermezza del suo rivolgersi, i lineamenti di sua madre.

Dio ha un volto e noi sappiamo qual è. Siamo davvero una generazione fortunata.

 

Martedì 26 novembre

Cantate

al Signore

un canto nuovo

 

Cantare è una delle azioni dell’uomo più belle e trasformanti. Si usa la voce esprimendo così appieno la propria umanità; si riempiono i polmoni d’aria e questo ci fa sentire davvero vivi e poi si modula l’armonia di un suono che innalza il nostro spirito e che illumina la nostra mente. Tutto il nostro essere partecipa a questo scambio tra l’interiorità e l’esterno, mostrando agli altri la bellezza che ci pervade.

Ma il canto che intoniamo non deve essere la solita nenia, tra lamentele e autocommiserazione: possiamo fare di meglio. C’è sempre la possibilità di aprirci alla novità di Dio; lui aspetta, pur essendo lui l’ispiratore, di sentirci cantare la nostra melodia, quella che solo noi possiamo comporre.

Niente paura, nel coro del Signore c’è posto anche per gli stonati.

 

Mercoledì 27 novembre

Egli si è ricordato

del suo amore,

della sua fedeltà

alla casa di Israele

 

La nostra più grande paura è quella di essere dimenticati.

Dio invece non si dimentica, anche se la sua attenzione ci può sembrare così stupefacente da faticare a crederlo. Il nostro è un Dio fedele: non ci abbandonerà. Per quanto noi possiamo sentirci lontani da lui, per quanto possiamo essere distratti da altro. Non importa quanto abbiamo fatto per meritarcelo; sarebbe comunque troppo poco rispetto alla grandezza del suo dono. Siamo in esilio, su questa terra, e spesso ci sentiamo perduti; basterebbe che anche noi ci ricordassimo del Signore. E subito ci sentiremmo avvolti dal suo sguardo che non ci perde mai di vista. Che è pronto a consolare ogni ferita che subiamo o che infliggiamo agli altri.

Non ci pensa mai da soli, lui: davanti a Dio siamo sempre un popolo. È questo il suo modo di amarci.

 

Giovedì 28 novembre

Riconoscete

che solo il Signore

è Dio

 

Noi lo diciamo che la nostra è una religione monoteista, ma poi abbiamo tanti dei.

Primo tra tutti il nostro ego a cui la cultura contemporanea ci ha insegnato a sacrificare molto. Essere cristiani vuol dire ammettere che noi non siamo Dio e che è il Signore che governa la nostra vita. Per nostra fortuna solo il Signore è Dio: non è tutto lasciato nelle nostre mani. Non dobbiamo preoccuparci di coltivare come finalità del nostro esistere il denaro, la salute, la sicurezza. Solo Dio; tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù e secondo la nostra necessità che il Padre conosce bene. Come conosce anche le nostre paure, l’ansia che ci divora di non essere all’altezza, la mentalità che ci fa pensare sempre a noi stessi.

Pensiamo a lui, invece, e tutta la nostra vita troverà il suo giusto posto.

 

Venerdì 29 novembre

Non vi sarà più la morte,

né lutto, né lamento, né affanno,

perché le cose di prima

sono passate

 

Che grazia una vita così.

Senza la morte che interrompe l’armonia dei rapporti; la sensazione struggente di perdita. Nessuna lamentela per le ingiustizie subite, nessuna agitazione frenetica per raggiungere obiettivi che paiono impossibili.

Lo crediamo davvero che succederà? Qui sta la promessa: che il passato, che non è stato in grado di compensare tutti i nostri desideri, è definitivamente superato. Ora si è aperta una nuova prospettiva dove succederà proprio il contrario di quello che abbiamo patito. Questa speranza non ci deve far vivere la vita terrena come una faticosa attesa di qualcosa che avverrà.

Il regno di Dio, anche se non ancora completamente realizzato, è già qui. Sta a noi scorgere i germogli che stanno per diventare fiori e frutti.

 

Sabato 30 novembre

La fede viene

dall’ascolto

 

Si dice che abbiamo una sola bocca per parlare e due orecchie per ascoltare; quindi dovremmo parlare la metà rispetto a quanto dovremmo ascoltare gli altri, le loro richieste, i loro pensieri e desideri, i loro dolori, così da dimenticare un po’ i nostri. Già questo sarebbe un bel traguardo.

Ma la cosa migliore sarebbe ascoltare Dio, che parla in una quantità incredibile di modi: attraverso le scritture, il suo messaggio corre veloce; attraverso la natura, tutta la creazione grida la gloria di Dio; attraverso la nostra anima quando il Signore suscita direttamente nei nostri cuori in ascolto la consapevolezza della sua presenza.

Così ci accorgeremmo di avere in noi la fede; che tanto ci manca e che pure non sappiamo definire, quando brancoliamo nel buio delle nostre vanità.

 

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