
22 dicembre
Benedetta tu fra le donne
e benedetto il frutto del tuo grembo!
A cosa devo che la madre
del mio Signore
venga da me?
Maria si incammina verso Elisabetta, compie quel movimento che permette l’incontro, permette di dare forma alla vita che è dentro di lei.
Maria, tabernacolo vivente, porta Dio verso l’altro, lo condivide e, in questo atto comincia a vedere la sua vita trasformarsi in canto, in quella dolce melodia sintonizzata sulle note di Dio.
Cammina, Maria, e mentre muove questi passi di gioia impara a cantare, si riappropria della facoltà di lodare Dio.
Maria ha creduto alle parole dell’angelo, ha creduto a quella promessa, per questo può cantare. Canterà la grandezza del Signore, di quel Dio che gioisce per noi, di quel Dio protagonista assoluto della nostra vita che innalza i piccoli, i poveri, gli umili.
Insegnaci questa strada, Maria, insegnaci a camminare verso l’alto, verso l’altro.
23 dicembre
Giovanni
è
il suo nome
Sulla grande scena di questi ultimi giorni di avvento si staglia la figura di Giovanni Battista.
Lo ritroveremo anche il 2 gennaio, ormai adulto, intento a battezzare con acqua, a dire che il suo compito è solo quello di chiamare a conversione attraverso il segno umilissimo dell’acqua, senza miracoli e senza grandezza, e ad annunciare agli inviati dei sacerdoti di Gerusalemme che dopo di lui viene uno che essi non conoscono.
La pagina odierna, così densa di gioia esplosiva che trabocca dal cuore di Zaccaria, ormai passato dall’incredulità alla fede, dalla non conoscenza del mistero di Dio alla conoscenza della sua grazia, trova il suo compimento nella missione del figlio, completamente conscio di non essere il Cristo, ma di essere chiamato ad anticiparne la missione.
24 dicembre
E tu, bambino,
sarai chiamato
profeta dell’Altissimo
Quale genitore riesce, nel silenzio dei nove mesi di gestazione del figlio nel grembo materno, a maturare la consapevolezza di Zaccaria che quel bimbo, desiderato in lunghi anni di sterilità, oggetto di preghiere, è anzitutto destinatario di una chiamata di Dio?
Tra tutti i pronomi che usiamo, mio occupa un posto di rilievo. Le prime parole che Zaccaria dice a suo figlio sono queste: tu sei di Dio, sei relativo a lui, sei la sua voce. E io gioisco che tu sia suo, non perché destinato alla gloria, ma perché suo. Gioisco di te, della tua missione, non per averne io gloria in quanto tuo padre, ma perché Dio mi ha guardato con benevolenza e mi ha ammaestrato attraverso la sterilità a comprendere che anche io sono suo, non mio.
Questa è salvezza in atto, luce nelle tenebre dell’orgoglio.
25 dicembre
Appena gli angeli
si furono allontanati da loro,
verso il cielo,
i pastori dicevano l’un l’altro:
andiamo dunque a Betlemme
Ecco giungere il Natale del Signore!
Quanta gioia in questo giorno vibra in noi, raggiunti come i pastori dall’annuncio della nascita di Cristo Signore! Dio: uno di noi, Dio dentro la nostra carne, Dio visibile e toccabile, Dio bambino fra noi! Bambino fra le nostre braccia. Gli angeli si sono allontanati verso il cielo, verso quel luogo che ci è irraggiungibile, sebbene sia proprio sopra di noi, ma ci hanno indicato il luogo dove andare: Betlemme.
Betlemme, non Gerusalemme dove era edificato il tempio più grande del mondo. Betlemme, villaggio insignificante, villaggio qualunque, villaggio circondato da grotte di pastori. Betlemme, non in una casa, ma in una grotta, fuori del centro abitato. Più sperduto di così!
Eppure Dio è proprio qui!
Dove sei tu, dove sono io.
26 dicembre
Non preoccupatevi di come o di che cosa direte,
perché vi sarà dato in quell’ora
ciò che dovrete dire:
infatti non siete voi a parlare,
ma è lo Spirito del Padre
che parla in voi
Sorprende e un po’ scandalizza che il giorno dopo Natale si festeggi santo Stefano, primo martire. La gioia del natale pare come offuscarsi all’improvviso con la prospettiva della croce che attende Gesù, e non solo lui.
Eppure, se lasciamo risuonare la parola di Dio sentiamo che proprio nelle parole del vangelo sono contenute le estreme conseguenze dell’incarnazione: non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre che parla in voi. Ormai questo piccolo io di passaggio sulla terra, questo piccolo io che sono io, che sei tu che mi leggi, è sacramento della carne del Figlio di Dio. La mia carne, la tua, è resa proprio come la sua, dimora dello Spirito.
Contemplare il Natale senza sentirlo e a viverlo nella propria carne, resta un esercizio estetico. Il Natale è la vita divina in noi!
27 dicembre
Il primo giorno della settimana,
Maria di Magdala corse e andò da Simon Pietro
e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava,
e disse loro:
«Hanno portato via il Signore dal sepolcro»
Ancora una volta il natale si sovrappone alla pasqua. La Chiesa ci educa così a comprendere il mistero di Cristo e nostro, e a passare dall’esteriorità delle luci, dei regali, dei mielosi film a happy end così abbondanti in questo periodo, alla verità della nostra fede.
Ieri abbiamo contemplato nel martirio di Stefano le conseguenze dell’incarnazione che ci abilita a dare la vita per amore, nel perdono del nemico. Oggi contempliamo il destino straordinariamente gioioso del Natale: c’è un luogo certo dove possiamo trovare Gesù ed è la mangiatoia, e c’è un luogo certo dove non lo troveremo mai, ed è il sepolcro.
La vita che sfama l’uomo di ogni tempo non è destinata alla morte, perché l’amore che si dona l’ha sconfitta per sempre.
Il discepolo amato, testimone di tutto questo, sono io, sei tu.
28 dicembre
Un angelo del Signore
apparve in sogno a Giuseppe e gli disse:
Alzati, prendi con te il bambino e sua madre,
fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò
L’alienazione del Natale consumista è sconfessata dalla storia sacra offertaci dalla liturgia in questi giorni: oggi ci è riservata la pagina tragica della strage degli innocenti.
Su questo sfondo di morte generato dalla paura, Giuseppe appare come l’uomo dei sogni; ma è uomo coi piedi per terra, uomo abituato a percorrere la terra dietro a parole che appellano la fede. Il suo realismo fa i conti con il dramma del bene e del male. Davanti al male è capace di prendere posizione non solo opponendosi nella sua persona, come quando si rifiuta di consegnare Maria al rigore della legge che voleva la lapidazione della donna trovata incinta prima delle nozze, ma anche fuggendo dalla follia e dalla persecuzione.
Una parola per noi che assistiamo al dramma di tanti fuggiaschi e profughi.