Commenti ai vangeli della III settimana del tempo ordinario 26 gennaio-1 febbraio 2025

Pubblicato giorno 24 Gennaio 2025 - ARTICOLI DEL BLOG, Il Vangelo di oggi

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Domenica 26 gennaio

Tutto il popolo rispose: «Amen, amen!»,

alzando le mani; si inginocchiarono

e si prostrarono con la faccia a terra

dinanzi al Signore

 

Non esiste isolamento per chi cerca Dio: la lettura della parola inserisce inevitabilmente in un popolo, come descritto nella prima lettura di oggi, e ci fa un solo corpo, come ricorda Paolo ai Corinzi.

Anche per noi l’ascolto in un’assemblea liturgica è fondamento di una comunione che si esprime anche attraverso sguardi orientati nella stessa direzione, gesti compiuti insieme, risposte date all’unisono, azioni condivise e cuori sollecitati nello stesso atteggiamento. Si tratta allora di un’esperienza collettiva, in cui si scopre nello sconosciuto il proprio fratello e i tratti che in lui somigliano al Padre.

L’ascolto della parola predispone al riconoscimento di quanto il Signore compie tra noi e a cui noi possiamo rispondere in un Amen! corale.

 

Lunedi 27 gennaio

Dicevano:

«È posseduto

da uno spirito impuro»

 

Gli scribi hanno fretta di dare una spiegazione ai miracoli che accadono, si scandalizzano e perdono la possibilità di ammirare la salvezza che sta avvenendo una volta per tutte e per tutti gli uomini.

Questa è la colpa che si autoinfliggono: non saper abitare il mistero, travisarlo e nonostante tutto parlarne. Attesa e contemplazione sono invece alcune delle chiavi per gustare la vittoria del bene sul male. Occorre il silenzio di chi cerca con tutti i propri sensi, non ha fretta e non pretende di trovare una risposta esaustiva nell’immediato, perché, in realtà alcune domande troveranno risposta solo nell’eternità. Nell’attesa e nel silenzio sgorga il linguaggio più vero e bello della lode.

 

 

Martedì 28 gennaio

Girando lo sguardo

su quelli che erano seduti attorno a lui, disse:

«Ecco mia madre e i miei fratelli!»

 

Lo sguardo di Gesù si volge alla folla che lo circonda come se volesse far sapere a quelli che sono venuti per ascoltarlo quanto ciascuno sia importante per lui. Sentiamo anche noi questo sguardo che ci raggiunge con tutta la sua autorevolezza e la sua grande tenerezza.

Gli siamo cari, uno per uno, fino ad essere per lui fratelli, sorelle e madri. A partire dal suo volerci bene possiamo fare la volontà del Padre, tenendo lui al centro, ascoltando e imparando da lui ad essere l’uno per l’altro fratello e sorella, madre che genera e alimenta la vita dell’altro e dell’altra nell’amore.

Cerchiamo Gesù, non nelle cose fuori, ma dentro di noi dove egli dimora.

 

Mercoledì 29 gennaio

Terreno buono…

Coloro che ascoltano la parola,

l’accolgono e portano frutto

 

La parabola del seme sparso con larghezza, senza badare a spreco, senza attenzione a dove esso cada, non racconta forse la condizione della nostra vita?

Il seminatore è Cristo e il seme è la parola, il suo vangelo di salvezza che egli fa giungere a noi in molti modi e in abbondanza. Noi siamo la sua terra a volte impermeabile e dura come asfalto incapace di accogliere la tenerezza di Dio; oppure occupata da sassi pesanti come tribolazioni, dolori, persecuzioni, e la gioia di Dio viene meno. Ancora, siamo terra sedotta da ricchezze e passioni che soffocano come spine il desiderio di Dio.

Ma una zolla di terra buona c’è e a lui basta questa perché ci incontri con la sua parola e porti frutto. Ascoltiamola, sentiremo la sua tenerezza, la sua gioia, il suo desiderio.

 

Giovedì 30 gennaio

Se uno ha orecchi

per ascoltare

ascolti!

 

È ovvio che una luce si accenda per poter vedere ciò che è attorno e non per metterla sorto il letto, tuttavia il vangelo ci mette in guardia dal pericolo di nascondere la luce.

Il regno di Dio, il seme gettato nella terra, è la parola di Gesù, è Gesù stesso, parola che il Padre ha acceso come lampada ai nostri passi. Se ascolto la Parola essa germoglia e dà frutto e da lì attingo la capacità di discernere il vero bene e di metterlo in atto.

Il mio agire con cuore trasparente e senza paura, il farmi prossimo di chi è nel bisogno, nel buio, nel dolore, nella solitudine, è il frutto buono della parola, è la luce che può dare luce a chi ho attorno. Facciamo attenzione a ciò che ascoltiamo, perché la luce non venga nascosta e la vita non diventi un terreno sterile e infruttuoso.

 

Venerdì 31 gennaio

Il regno di Dio…

è come un granello di senape

 

Il regno di Dio è la cosa più normale di questo mondo; ci appartiene come ci appartengono i gesti, la pazienza, l’attesa, il lavoro di chiunque fatica e spera sulla terra, come ci appartiene lo stupore di veder crescere da un piccolissimo seme un germoglio, uno stelo, un fiore, una pianta.

È dono che, se accolto, mette in moto un processo di crescita semplicemente, umilmente, pazientemente e ci insegna ad attendere, sperare, vedere, raccogliere, gustare il frutto.

Il regno non viene in modo da attirare l’attenzione, è già dentro la vita e ne rispetta i tempi, è in continua crescita anche dentro le spaccature e le ferite del nostro mondo.

Non ci devono spaventare la lentezza, l’inapparenza: Gesù come seme morto nella nostra terra, è risorto, germoglio nuovo di vita, per sempre, per tutti.

 

1 FEBBRAIO SABATO

La fede è fondamento

delle cose che si sperano

e prova di quelle

che non si vedono

 

Che definizione curiosa di fede. Siamo abituati a pensare alla fede come qualcosa di virtuoso che ci avvicina a Dio, a un dono del Signore ad alcuni e chi non l’ha ricevuto peggio per lui.

Qui invece si dice che la fede è un fondamento; una faccenda concretissima che sta lì a confermarci che tutto quello che speriamo avrà la sua realizzazione, anche se ora non lo vediamo coi nostri occhi. E cosa spera l’uomo se non il suo compimento in Dio, la felicità nel superamento delle proprie incapacità di bene, la serenità di vivere una vita che non si infrangerà contro il muro della morte?

La fede, cioè la speranza che portiamo nel cuore che questo sia possibile, ne è la conferma. Dio non ci inganna e non lascerà che nessuno dei nostri desideri più profondi vada deluso.

 

 

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