
Abbiate discrezione delle elemosine che vi da il Signore…
Guardando a Chiara e alla sua vocazione, ciò che ci viene incontro è anche un luogo fisico molto preciso: il ‘piccolo reclusorio’ di San Damiano. Luogo che Francesco prima restaurò con le pietre e poi continuò a ‘restaurare’ prendendosi cura del dono della vocazione delle ‘signore’ che lo avrebbero abitato. Abbiamo visto questa cura nelle ultime parole in canto che Francesco inviò alle ‘povere dame’ e abbiamo via via cercato di svilupparla nei precedenti articoli. Nell’ultimo abbiamo considerato la vita dello Spirito migliore della vita de fore, ora il tenore dell’esortazione muta in una preghiera accorata:
… io ve prego per grand’amore
k’aiate discrecione delle elemosine ke ve dà el Segnore (FF 263).
Francesco sa che la cura della vocazione passa attraverso l’esercizio delle virtù, tra le quali la discrezione risalta in modo speciale… ma non da sola. L’esperienza glielo aveva insegnato una notte in cui fu svegliato dal grido di un suo fratello per la fame. Lo soccorse con carità prendendo con lui del cibo insieme ai suoi compagni e, al termine del frugale pasto, tenne a tutti loro un lungo discorso sulla virtù della discrezione concludendo: Carissimi, ciò che ho fatto mangiando, sappiate che è stato fatto non per bramosia, ma per doverosa attenzione e perchè me lo ha imposto la carità fraterna. La carità vi sia di esempio, non il cibo, perchè questo soddisfa la gola, quella invece lo spirito (FF 608). La discrezione dunque ha un’inseparabile sorella: la misericordia, affinché non ci sia superfluità né durezza nell’atto che si va compiendo (FF 177). Il consiglio di Francesco è una discrezione che esclude ogni superfluità che possa offendere la signora povertà, per accoglie in sé anche quella misericordia che tempra e addolcisce ogni durezza. Il cuore si schiude così a godere dei doni che il Signore elargisce, fa mangiare con gioia, con cuore grato, benedicente e soddisfatto anche e soprattutto davanti ai tozzi di pane e alla limitatezza di tali doni. Con queste ‘compagne’ le sorelle potranno acquisire «la difficile arte di scegliere e amministrare, che consiste nel considerare i tanti punti di vista e cercare di armonizzarli, sapendo che si deve fare non il bene di qualcuno ma di tutti» (cfr papa Francesco, marzo 2024) per lasciar fiorire tra loro un’umanità piena in Cristo.
Ma la discrezione va oltre i beni materiali. Lo sottolinea con singolare forza Francesco dicendo per grad’amore. Egli raccomanda loro di guardarsi da austerità, penitenze fisiche e, in particolare, digiuni che oltrepassino i limiti della discrezione. Questi possono trasformarsi in un sottile inganno interiore, nella ricerca di una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini, o appagano illusoriamente la coscienza che si appropria delle sue stesse buone opere (cfr. FF 163).
Cosa accadeva dunque dentro quelle mura, nel segreto, nel nascondimento? Accadeva qualcosa di grande: a partire dal silenzio claustrale la vita delle povere dame, che ha nella preghiera il suo profondo centro, era tutta tesa a ricercare gli interessi del Signore, ricerca che per se stessa è uno stato dell’anima: finché resta nei libri, la vita è sempre facile, ma in mezzo ai venti e alle onde del quotidiano è tutt’altra cosa, spesso siamo incerti e non sappiamo da che parte andare (cfr papa Francesco, marzo 2024). Lo sa bene Chiara che richiede sia all’abbadessa come alla maestra (Regola S.Chiara FF 2763) la discrezione quale attitudine per guidare le sorelle a inoltrarsi, oltre che nella vita del monastero, nelle vie di Dio e nel mistero di Cristo povero e crocifisso; formazione alle scelte che portano alla vittoria contro gli affanni e le passioni, porta alla libertà dai “rumori del mondo” cioè da ogni interesse solo umano, dalla ricerca di considerazione e di attenzione solo per sé. Un’arte! A cui Francesco prega le ‘povere dame’ di conformarsi, perchè -proprio in quel ristretto luogo- diventino un’interpretazione vivente del grand’amore del Signore! Quello che fu la vita Chiara: rigorosa con se stessa, provvida e discreta verso le altre.
Un’arte che si traduce per noi oggi nel tener accesa una vera vita interiore, tenere cioè accesa la luce della gratuità, della gratitudine, di cui la virtù della prudenza fornisce l’olio nei piccoli gesti di carità. Chiara ci conferma con la sua vita che è possibile incamminarci su questa Via, seppur nel dramma di ogni sofferenza che attraversa il quotidiano, perché Cristo Gesù è presente, è risorto, ed è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.