Condividi su:   Facebook Twitter Google

IMG_0956

“Ma tu cosa vuoi fare della tua vita?”

 Professione solenne di sr. Barbara Veronica (27.04.2008)

 

“Ma tu cosa vuoi fare della tua vita?” Con questa domanda è iniziato alcuni anni fa il cammino che mi ha condotta nel monastero delle clarisse di Borgo Valsugana fino al compimento della professione solenne di domenica 27 aprile: un compimento che sigilla questo cammino sotto il segno della definitività e della fedeltà. Nel periodo di preparazione che ha preceduto la professione la memoria è tornata più di una volta a quella domanda e a quello a cui ha dato inizio. Ero in vacanza insieme ad alcune amiche ad Assisi e mi era stata rivolta da una delle suore che ci ospitavano. Non era la prima volta che una domanda del genere risuonava nella mia vita, io stessa me la ponevo; ma era la prima volta che la risposta giungeva non come pensieri, idee e progetti miei sul futuro ma come un volto concreto e preciso, che nemmeno io fino a quel momento sapevo di portare in cuore: il volto di questo monastero, che mi veniva incontro come luogo dove valeva la pena spendere la vita. Questo “luogo” sempre cercato e mai trovato con le mie forze, ora mi veniva incontro come dono. Oggi posso dire che quel momento, quella domanda sono stati le mie “quattro del pomeriggio”. Come per gli apostoli Andrea e Giovanni l’ora in cui hanno conosciuto e cominciato a seguire Gesù è stata talmente importante e decisiva da rimanere incisa indelebilmente nella loro memoria, così è stato per me quel momento. È da quell’ora che sono diventati leggibili ai miei occhi i tanti segni vocazionali sparsi nella mia storia. Ma soprattutto è da quell’ora che ho incominciato a riconoscere il tenero amore col quale il Signore aveva sempre accompagnato la mia esistenza, da suoi eventi più felici a quelli più faticosi e dolorosi. Io che, in fondo, ritenevo che la vita mi dovesse qualcosa, mi scoprivo felicemente debitrice: in debito d’amore con Colui che mi ha creata e sempre custodita con la sua premura (s. Chiara). Quell’ora è come una radice su cui poi è cresciuto l’albero della mia vita in questi anni: la vita di preghiera, la vita fraterna in clausura, le persone che si affidano alla nostra intercessione, gli incontri – segno vivo di comunione – che nutrono la nostra fede e speranza e che ci aiutano a tenere fisso il nostro sguardo sull’unica cosa necessaria. Oggi è questo ciò che si vede, la radice è come scomparsa sotto terra. Ma alla vigilia della scelta definitiva di questa vita la memoria è come tornata da se a quell’inizio: come un nuovo invito a riconoscere che la linfa della quotidianità non è un’altra, è ancora e di nuovo continuamente quella. È la chiamata a vivere il rapporto con Dio, che si offre a me nelle mie giornate, di ora in ora, come quella relazione che fonda solidamente tutte le altre su ciò che solo dà soddisfazione autentica al cuore di ogni uomo e donna: l’amore che non si arrende di fronte a nessun no e che così rimane continuamente aperto alla possibilità del nuovo. È per questo che domenica 27 aprile mi è stato possibile dire: eccomi, mi consegno a Te, che sei fedele a quello che ti prometto: amare Te, e in Te i fratelli e le sorelle, per sempre fino in fondo.

sr Barbara Veronica


Condividi su:   Facebook Twitter Google