Altissima povertà

Pubblicato giorno 30 Aprile 2017 - S. Chiara d'Assisi

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L’attenzione del cuore colma di stupore e gratitudine, in questo tempo ci conduce alla grotta di Betlemme dove “la vita si è fatta visibile”, dove il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia”, Quante volte Chiara ha contemplato il Mistero, tanto da assumerlo così in pienezza nella memoria affettiva, da farne il paradigma per come debbono vestirsi le sore:

“per amore del santissimo Bambino, ravvolto in poveri pannicelli e adagiato nel presepio, e della sua santissima Madre, ammonisco, prego caldamente ed esorto le mie sorelle a vestire sempre indumenti vili”. E’ questa la povertà abbracciata, scelta secondo l’esortazione del s. Padre Francesco: «Io frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell’Altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa sino alla fine. E prego voi, mie signore e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. E guardatevi molto bene dall’allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per l’insegnamento o il consiglio di alcuno».

POVERTÀ DEL SIGNORE

L’amore contemplato nell’Incarnazione del Signore venuto tra noi, “indigenti del nutrimento celeste”, rende Chiara sollecita alla divina ispirazione. Certamente la comunità di S. Damiano stretta attorno a Chiara ha un caratteristico ambito sociale, ma è pur vero che le prime sorelle sono di estrazione aristocratica o comunque elevata:i cibi della famiglia di Chiara, -come ci testimonia il Processo di canonizzazione-, erano “di casa grande”. Ma non è certo povertà vissuta come rimprovero alle ricchezze o come presa di posizione sociale quella vissuta a S. Damiano. E’ una povertà cristocentrica. La stessa che la fa perdurare la “divina ispirazione” attraverso i secoli. Così Chiara scrive ad Agnese di Praga, esaltando le scelte divine nel portare avanti la storia della salvezza: “O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne. O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano, Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.

O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa.”

POVERTÀ: ACCOGLIENZA E RELAZIONE

La povertà è dunque innanzitutto un rapporto che il Figlio di Dio instaura con gli uomini. Si fa povero perché possiamo accorgerci di essere poveri e lasciarci invadere dalla sua ricchezza! Chiara ha voluto esserne colmata e non si è accontentata della povertà creaturale l’ha accolta fin nelle fibre del cuore, nelle scelte contingenti della vita, nel suo farsi povera per amore, perché questa stessa ha scelto il Signore Gesù e la sua santissima Madre: “A qual modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia, specialmente dell’umiltà e povertà di Lui, puoi sempre, senza alcun dubbio, portarlo spiritualmente nel corpo casto e verginale. E conterrai in te Colui dal quale tu e tutte le creature sono contenute, e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo anche a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo”.

Le giornate trascorrono in questo tenore a S. Damiano e perché ciò rimanga oltre la vita della prima comunità, Chiara si premura di vedere confermato tale privilegio, perché nessuno osi opporsi alla divina ispirazione. E la bolla di conferma le giunge sul letto di morte: “…confermiamo col beneplacito apostolico, il vostro proposito di altissima povertà concedendovi con l’autorità della presente lettera che nessuno possa costringervi a ricevere possessioni…”

CONDIVISIONE E GRATITUDINE

Da Chiara alle nostre comunità di sorelle povere, il travagliato cammino sul significato della povertà, sulle scelte di vita povera, è rimasto incessante. I modelli di società sono via via profondamente mutati:dalla miseria, alla semplicità di un tempo, dalla partecipazione di una povertà dovuta alle guerre, al disagio di un popolo in crescita sociale; ciò che oggi noi viviamo è la precarietà del non avere nulla di fisso. Siamo nelle mani del Padre provvidente e dei fratelli. E’ dunque povertà vissuta nella condizione del nostro tempo, mai disattesa in scelte personali e comunitarie. Il criterio rimane la condivisione per “non defraudare il fratello povero”, il prendersi cura con sollecitudine le une le altre nella necessità. E’ questo il vissuto di sorelle povere. Per tutte noi ciò che rende prezioso il ricevere con gratitudine e il donare con gioia è la consapevolezza di essere chiamate ad occuparci di Dio solo, di essere sue collaboratrici “sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo Ineffabile Corpo” come scrisse Chiara ad Agnese di Praga.

Ricevere e farci dono ci conduce alla gioiosa scoperta di che cosa significhi veramente non possedere nulla e ci immette nella comunione d’amore con Colui che si offre a noi come a figli.

L’altissima povertà ci rende interiormente commosse per la generosità che ci tocca di giorno in giorno, nella vita dello spirito, nelle necessità di nutrirci, comunicare, di salute, formazione…e ci spinge a donarci in una restituzione totale a Dio, perché “Egli sia Tutto in tutti”. E’ questo l’augurio per il Natale di Gesù: attingiamo a Lui con tutta l’intensità del nostro cuore e gustiamo la dolcezza del suo amore!

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