Chiara, donna di carità – 2

Pubblicato giorno 2 Aprile 2017 - S. Chiara d'Assisi

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La prima opera cui Francesco pose mano, fu di edificare un tempio a Dio. Non pensava di costruirne uno nuovo, ma restaurò una chiesa antica, non ne scalzò le fondamenta, come ci racconta il biografo, ma edificò su di esse. È questo il luogo beato e santo nel quale ebbe felice origine, per opera di Francesco stesso, la gloriosa religione e l’Ordine nobilissimo delle “povere signore”. È là che madonna Chiara, pure nativa di Assisi, pietra preziosissima, divenne quella basilare per tutte le altre pietre”.

Scrive ancora il biografo che “su di lei sorse il nobile edificio di preziosissime perle, la cui lode non può essere fatta da uomini ma solo da Dio”.

Soffermiamoci ora su una bellissima sottolineatura che troviamo sulle Fonti sul modo di vivere delle sorelle a S. Damiano: “Domina tra loro sopra ogni altra cosa, la virtù di una continua e mutua carità, che unisce così profondamente le loro volontà che, perfino tra quaranta o cinquanta persone come sono in qualche luogo, l’identità del volere e del non volere fa di tante un’anima sola”. Nella Regola, scritta di suo pugno, la madre S. Chiara esorta le sorelle ad “essere sempre sollecite nel conservare reciprocamente l’unità della scambievole carità che è il vincolo della perfezione”. E nel suo Testamento prosegue nel dire che: “amandovi a vicenda nella carità di Cristo, dimostrate al di fuori con le opere l’amore che avete nell’intimo, in modo che, provocate da questo esempio, le sorelle crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità”. E rivolgendosi a colei che in fraternità ha il compito di essere “madre e sorella” la esorta: “che si studi di presiedere alle altre per virtù e santi costumi, più che per l’ufficio, affinché le sue sorelle, provocate dal suo esempio, le obbediscano, non tanto per l’ufficio, ma piuttosto per amore”.

È l’amore verso Dio e verso il prossimo che la madre S. Chiara vive nel suo cuore, un amore che quotidianamente si riversa su quanti la incontrano, prime le sue sorelle. Si legge nella sua biografia che

questa venerabile abbadessa non soltanto amò le anime delle sue figlie, ma anche servì i loro fragili corpi con una grande attenzione di carità. Infatti spesso, durante il freddo della notte, copriva di propria mano quelle che dormivano ed ebbe riguardo per le invalide, che vedeva incapaci di conservare l’austerità comune, volendo che fossero contente di un regime di vita più moderato.

Se qualcuna era turbata da una tentazione, se qualcun’altra come può accadere, era presa da una mestizia, in segreto, chiamatele a sé, con lacrime le consolava. Talvolta si metteva ai piedi delle sofferenti per alleviare con carezze materne la forza del dolore. E le figlie, non ingrate, ripagano con tanta devozione questi benefici. Contemplano nella madre l’affetto di carità, riveriscono nella maestra la cura del suo incarico, seguono nella pedagoga la rettitudine del cammino e ammirano nella sposa di Dio la presenza di ogni santità”. “Affinché la loro madre, vedendo la carità, l’umiltà, e l’unità che hanno tra loro, porti con più facilità ogni peso che sostiene per l’ufficio e, per il loro santo tenore di vira, ciò che è molesto e amaro si converta per lei in dolcezza”.

A ragione la madre S. Chiara scriveva a S. Agnese di Boemia: “Lasciati dunque accendere sempre più fortemente da questo ardore di carità, o regina del Re celeste!”.

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