Chiara, madre e sorella

Pubblicato giorno 20 Aprile 2017 - S. Chiara d'Assisi

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Nella Regola Chiara esprime in sintesi la vita della prima comunità, tesa a vivere nella sequela del Vangelo, del Signore Gesù Cristo. Chiara raccomanda: “L’una manifesti all’altra con confidenza la sua necessità. E se una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanta maggiore cura deve una sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale!” La ricchezza umana e spirituale del prendersi cura le une delle altre diventa normativa tra le sorelle, è espressione del comandamento dell’amore! La fonte da cui attingere più da vicino il rapporto tra Chiara e le sue sorelle è certamente il Processo di canonizzazione, il quale segue uno stile dialogato nelle caratteristiche del Medioevo, lontano dal nostro abituale riferirci al termine “relazione”eppure vicino, riscontrando, oggi come allora,un linguaggio fatto di parole di consolazione, di perdono, parole che edificano, del consigliarsi e decidere, in ogni caso parole “povere”, perché semplici e vere.

RELAZIONI NELLA SEMPLICITÀ EVANGELICA

 

Le testimoni conservano un ricordo freschissimo di Chiara: lei è per ciascuna Madre e maestra, lo sguardo che le rivolgono cambia prospettiva a partire dal momento dell’entrata in monastero, della propria sensibilità, delle esperienze condivise. Cogliamo alcune testimonianze.

Sr. Benvenuta, entrata nel 1211 tra le prime compagne, nella sua testimonianza appare colpita dalla vita ascetica-orante di Chiara, tanto da averne una percezione sensibile: laddove “Chiara era consueta de intrare alla orazione, lei ce vide de sopra uno grande splendore, in tanto che credette fusse fiamma de foco materiale. Adomandata chi lo vide altro che lei, respose che allora essa sola lo vide”. Ecco come Chiara con la sua vita incide profondamente nella formazione di ogni sorella, come raccontano alcune di esse: “Mai era turbata, ma con molta mansuetudine e pazienza , ammaestrava le sore , et alcuna volta, quando era bisogno, reprendeva le sore diligentemente”. Ed anche questo diventa parte della Regola: “Se accadesse, il che non sia, che fra una sorella e l’altra sorgesse talvolta occasione di turbamento, quella che fu causa, subito, prima di offrire davanti a Dio l’offerta  della sua orazione, non soltanto si getti umilmente ai piedi dell’altra domandando perdono, ma anche con semplicità la preghi di intercedere per lei presso il Signore perché la perdoni. L’altra poi, memore di quella parola del Signore: «Se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà voi, perdoni generosamente alla sua sorella ogni offesa fattale».

Passano gli anni e l’evento dei primi frati martiri scuote le sorelle …la loro Madre “era in tanto fervore de spirito, che voluntieri voleva sostenere el martirio per amore del Signore: e questo lo dimostrò quando, avendo inteso che nel Marocco erano stati martirizzati certi frati, essa diceva che ce voleva andare. Onde per questo essa testimonia pianse: e questo fu prima che così se infermasse”. Il pianto di sora Cecilia manifesta la comprensione ammirata dell’amore di Chiara per il Signore che si tradurrà poco dopo in un martirio quotidiano, quello dell’infermità, nel quale le sorelle sono coinvolte, imparando da lei l’atteggiamento per affrontare il limite della malattia. Sora Angeluccia entra in monastero in questo periodo e sottolinea la carità e la pazienza che “lei stessa vide”. Ai miracoli avvenuti in S. Damiano Chiara non da un’importanza eccezionale. In essi si manifesta la potenza della croce che Chiara ha abbracciato; per questo,quando lei tracciava il segno della croce, le sorelle venivano liberate. Chiara li vive nella semplicità e nella Regola raccomanda: “L’abbadessa sia fermamente tenuta, da sé e per mezzo delle altre sorelle, ad informarsi con sollecitudine di quanto richiede la loro infermità, sia quanto a consigli, sia quanto ai cibi ed alle altre necessità, e a provvedere con carità e misericordia, secondo la possibilità del luogo. Poiché tutte sono tenute a provvedere e a servire le loro sorelle ammalate, come vorrebbero essere servite esse stesse nel  caso che incorressero in qualche infermità”.

Chiara, al governo della comunità, in questo passo esprime fiducia nella reciproca collaborazione: lei stessa inferma, non può arrivare a sostenere tutte le sorelle afflitte dalla malattia.

Nell’ultima tappa della vita fra le sorelle, a Chiara viene donato dal Signore un rapporto intimo e profondo, e lo trasmette seppure con un filo di voce date le sue condizioni: «E molte cose disse parlando de la Trinità, così sutilmente che le Sore non la potevano bene intendere. E dicendo essa testimonia ad una Sora che era lì: « Tu, che hai bona memoria, tieni bene a mente quello che la madonna dice» et essa madonna udì quella parola e disse alle Sore che erano lì presenti: « Tanto terrete a mente queste cose, che ora dico, quanto ve concederà quello che me le fa dire ». Questo episodio dimostra come le sorelle si conoscevano e la vigilanza della Madre la quale rimette ogni capacità della persona –bona memoria-, alla volontà di Dio!

RELAZIONE: LUOGO DI CRESCITA UMANA E CRISTIANA

 

L’unità della reciproca carità, vincolo di perfezione, è dono del Signore che sperimentiamo giorno dopo giorno: dalla carità di cui siamo rivestite nel Battesimo a quella vissuta nel reciproco amore e familiarità del tratto di sorelle, diventa cammino che ci interpella alla crescita. L’unità ha bisogno di tutela, la carità deve essere sorretta. Quali gli ambiti dove riconoscerla? Nel servizio, dove chi ama è la prima a compierlo, semplicemente e senza accampare diritti, gareggiando nello stimarci a vicenda e nella condivisione, sapendo che non solo i beni materiali, ma tutto di noi è per l’altra e per la fraternità, Questo muove a riconoscenza verso il Padre delle Misericordie, sapendo che come figlie nel Figlio suo, ognuna è per tutte e tutte per ognuna.

Condividere ci conduce ad un rapporto integrale. Viene offerto non solo il positivo di ciascuna, ma anche la sofferenza, la necessità, il bisogno di perdono. La revisione di vita bimestrale è il focolare dove tutto è accolto nel cuore e “bruciato” nell’amore. E’ questa l’unità che sperimentiamo e che ci trasforma in un corpo solo dentro il Corpo eucaristico del Signore Gesù, la certezza quotidiana di appartenere a Lui appartenendoci come sorelle.

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