Chinarsi ai piedi, meditazioni a margine dell’anno della Misericordia

Pubblicato giorno 12 Marzo 2017 - S. Chiara d'Assisi

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Nella casa della Madre della misericordia, di S. Maria degli Angeli alla Porziuncola, davanti all’altare, Chiara esprime il suo “sì” e il suo amore al Signore, rispondendo alla chiamata con gesti che significano il dono totale di sé a Lui. Il taglio dei capelli, il deporre i suoi abiti di nobile donna e il ricevere il saio della penitenza, sono atti che indicano esternamente un cammino interiore, compiuto mossa dallo Spirito e guidata da Francesco, e indicano ancora passi di trasformazione, di accoglienza della vita nuova, evangelica. Ciò accade quando si incontra Gesù, l’Uomo nuovo, che dona umanità nuova e apre orizzonti vasti di beatitudine per chi accoglie la sua misericordia.

Oltrepassare la soglia della casa dove Lui si trova, entrarvi, vederlo, avvicinarsi e chinarsi, gettarsi, ai suoi piedi, sono atti di un cuore in ricerca, già stato “toccato” però dal preveniente chinarsi di Gesù, nel suo incarnarsi. La risposta al farsi vicino di Dio, Emmanuele, è l’avvicinarsi a Lui attratti dal suo amore vero, fedele, pietoso, lento all’ira e ricco di grazia. La donna misera, nostra sorella nella fede, incontrando il Misericordioso, compie i suoi soliti gesti femminili in modo nuovo e Gesù comprende il “molto amore” che essi esprimono. In fondo lei compie un’opera di misericordia verso Dio, il Figlio di Dio: lo accoglie e lo onora come pellegrino! Lavare i piedi con le lacrime, asciugarli con i capelli, baciarli, cospargerli con il profumo, magari quello più costoso e preferito: sono gesti che dimostrano riconoscenza, accoglienza, compunzione, amore sincero. Tutto questo è compiuto nel silenzio, forse nella “segreta dolcezza” – direbbe Chiara – di chi si è sentita amata per prima dall’Uomo nuovo, che la lascia fare e che ridona speranza e umanità nuova a lei, donna misera. Gesù, poi, la prende come esempio per aprire il cuore anche all’uomo che lo sta ospitando, osservante e diligente in apparenza, perché non ha compiuto i gesti dell’ospitalità e di sollievo verso l’ospite, consueti, secondo la cultura religiosa e sociale di quel tempo. Ci vuole umiltà per “chinarsi ai piedi”: parte più bassa e impolverata del corpo. Chinarsi così, con quest’atteggiamento umile, ai piedi del Signore e di ogni fratello o sorella ci rende capaci di accogliere un dono speciale e di rialzarci trasformati dall’amore ricevuto e donato.

Chiara rivestita col saio della penitenza, che è sequela gioiosa di Cristo, compirà lei pure questi gesti nel silenzio del Monastero di S. Damiano: versando lacrime nella preghiera ai piedi del Crocifisso di S. Damiano, lavando i piedi delle sorelle che prestano servizio fuori del Monastero – le sorelle esterne diciamo oggi – e spandendo il suo buon profumo con la sua vita luminosa e santa.

Lo stare ai piedi di Gesù è divenuto un simbolo della donna contemplativa, chiamata ad amarlo come sposa. Questi gesti sono stati compiuti anche da Gesù, Sposo, nell’Ultima Cena verso gli Apostoli, rappresentanti la Chiesa Sposa, perdonata, credente, salvata. Questi gesti, nella Liturgia, sono ripetuti il Giovedì Santo. Alla sera di questo giorno, in Monastero, la Madre li compie verso tutte le sorelle come umile segno di servizio e di amore fraterno.

In questo Giubileo il Signore ci doni l’umiltà per chinarci ai suoi piedi e ricevere misericordia, cioè amore liberante, e per chinarci pure verso il nostro prossimo per servirlo. Maria, Madre di Misericordia, la interceda per noi, per tutti!

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