Commenti ai vangeli della V settimana di Pasqua – Calendario del Patrono d’Italia 2024

Pubblicato giorno 26 Aprile 2024 - ARTICOLI DEL BLOG, Il Vangelo di oggi

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28 Aprile Domenica

Io sono la vite, voi i tralci.

Chi rimane in me, e io in lui,

porta molto frutto,

perché senza di me

non potete far nulla

 

Dentro l’ultima cena, Gesù si rivolge ai suoi discepoli chiedendogli di restare uniti a lui, vera vite. Rimanere in lui non solo per la forza della perseveranza ma in virtù di un incontro di salvezza, un incontro d’amore.

Essere uniti a lui significa vivere da figli, disponibili a lasciarsi nutrire dalla sua parola che è la linfa della nostra vita. Esserne separato porta ad una condizione di sterilità. Nella mia vita riconosco questo legame? Riconosco di essere amato gratuitamente e che non devo fare nulla per meritarmi l’amore di Dio?

Il desiderio di Dio su di noi è che portiamo molto frutto, ossia che viviamo in pienezza la nostra vita giocandoci nell’amore: amando e lasciandoci amare. Solo dentro la relazione con lui possiamo giocarci in pienezza.

 

29 Aprile Lunedì

Venite a me,

voi tutti che siete

stanchi e oppressi,

e io vi darò ristoro

 

Venite. Questa parola Gesù la rivolge all’inizio del vangelo, invitando i primi discepoli a seguirlo. Poi la userà nella parabola degli invitati alle nozze e quando parla del giudizio finale.

L’invito a seguire Gesù, quindi, è l’invito a partecipare alle nozze e ad entrare nel regno di Dio; è un invito personale che Gesù fa a chi è affaticato e oppresso, a chi vive le fatiche delle contraddizioni dentro un cammino verso il compimento. La promessa che Gesù fa è quella del ristoro, del riposo. Nella Genesi, Dio si riposa il settimo giorno: il sabato è il compimento della creazione. L’uomo resta incompiuto perché non riesce a compiere l’amore.

Il riposo promesso da Gesù è il compimento dell’amore che Dio ci offre: è la terra promessa, la fine dell’esodo, l’arrivo a casa.

 

30 Aprile Martedì

Vi lascio la pace,

vi do la mia pace.

Non come la dà il mondo,

io la do a voi

 

Gesù sta parlando ai discepoli durante l’ultima cena e dona loro la sua pace.

Tipicamente quando si parla di pace si pensa ad una situazione di tranquillità, di assenza di conflitto; una condizione dove è possibile vivere senza essere disturbati. Tuttavia, l’etimologia della parola “pace” non indica questi significati ma l’immagine della corda. La pace non è quindi una situazione di solitudine ma è relazione. Gesù offre una corda relazionale che ci lega a lui. Dentro al cenacolo Gesù indica ai discepoli che quello che vivrà sulla croce è questa corda che devono afferrare. L’invito di pace è concretizzato e rinnovato con l’apparizione nel cenacolo dopo la resurrezione.

In questo tempo di Pasqua rivolge anche a noi questo invito: «afferra la corda che ti offro per stare nel mio amore».

 

 

1 Maggio Mercoledì

Ogni tralcio che in me non porta frutto,

lo taglia,

e ogni tralcio che porta frutto,

lo pota

perché porti più frutto

 

Le mani di Dio sono mani sporche di terra. Dio è quell’agricoltore paziente che sa ascoltare il tempo, che conosce il terreno che sta coltivando e sa aspettare la crescita delle piante e il tempo dei frutti. Ma è anche quel contadino sapiente che non ha paura a potare la pianta perché porti più frutto.

Nel nostro cammino di crescita non possiamo pretendere di portare frutto subito; le potature che Dio compie possiamo vederle concretamente nella nostra vita: quelle occasioni che ci hanno permesso di fruttificare, di far fiorire la nostra vita in pienezza. Ripercorrendo la nostra vita possiamo vedere molti rami secchi, sterili, che non hanno portato frutto e che ci ostacolano. Potare non è rimuovere questi rami ma dargli un senso.

La potatura di Dio è dare senso alla nostra vita.

 

2 Maggio Giovedì

Vi ho detto queste cose

perché la mia gioia sia in voi

e la vostra gioia sia piena.

 

La gioia è la gemma, la pietra preziosa. La gioia è il colore dell’amore, è il colore di Dio.

Il nostro Dio non è un dio in bianco e nero, rigido; è un Dio che ha a cuore la nostra libertà e che esulta per noi. È un Dio che ci rende capaci di gioire perché in Cristo ci dona il senso dell’esistenza. L’assenza di gioia è una condizione di sterilità che rischia di farci sentire abbandonati e soli; anche questa nostra condizione è abitata da Dio, che non ha paura di coinvolgersi con noi, con la nostra storia.

Francesco d’Assisi chiama la gioia «perfetta letizia» e indica che la perfetta letizia è segno della presenza di Dio che convive anche nelle condizioni di sofferenza e fatica.

La gioia è questa gemma che Dio pone nel nostro cuore per colorarci del suo amore.

 

3 Maggio Venerdì

Io sono la via, la verità e la vita.

Nessuno viene al Padre

se non per mezzo di me

 

Rimaniamo all’interno del cenacolo, dove Gesù risponde alla domanda di Tommaso: «Come possiamo conoscere la via?». E lui si presenta come via, verità e vita.

Io-sono è il nome con cui Dio si rivela a Mosè, ed è il modo con cui Gesù si rivela ai discepoli. Gesù è via che chiede di essere percorsa: una via che conduce a casa, a quella casa che solo tu puoi abitare con lui. Gesù è verità: non una verità scientifica, ma una verità esistenziale; VERITÀ che ci ha fatto conoscere la paternità di Dio e la nostra identità di figli amati. Abitare la casa che Dio prepara per noi ci fa vedere questa verità. Gesù è vita perché percorrere questa via, abitare questa verità, ci porta alla pienezza della vita: alla fioritura della nostra umanità.

Percorrere questa strada nella fede significa giungere al Padre.

 

4 Maggio Sabato

Ricordatevi della parola che io vi ho detto:

Un servo non è più grande

del suo padrone

 

Ri-cordatevi: portate nuovamente al cuore.

Ci sono momenti in cui si fa fatica a ricordare, a ripercorrere la propria vita. Momenti in cui il non senso prevale e annebbia la quotidianità. In questi momenti Gesù ci invita a focalizzarci sulla sua parola: il servo non è più grande del suo padrone. È un invito a non fare tutto da soli e, soprattutto, a non pensarci soli nel nostro cammino. Nel nostro divenire di persone, la vicinanza di Dio impedisce che le nostre esperienze di crisi siano solamente delle macerie, ma permette che diventino luoghi in cui può sorgere una nuova vita.

Portare nuovamente al cuore è un invito a nascere di nuovo, anzi, a rinascere per diventare pienamente chi noi siamo: figli del Padre.

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