
22 Settembre Domenica
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro
e, abbracciandolo, disse loro:
«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome,
accoglie me»
Dopo aver ascoltato per la prima volta le dure parole di Gesù sulla sua passione imminente, che cominciano a scalfire le speranze di gloria, i discepoli camminano a gruppetti per le strade della Galilea cercando di non pensarci. La mente si rifiuta di accettare, il cuore trema, e così si scherza, si parla d’altro, qualcuno assorto tace. Nessuno osa chiedere di più.
Il gruppetto più lontano si mette a discutere: chi tra noi è il più grande? il migliore? Non hanno capito nulla! Gesù, che conosce il cuore dell’uomo e i suoi timori, rientrati in casa, compie un gesto pedagogico meraviglioso: abbraccia un bambino, abbracciando in questo modo ciascuno di loro, accogliendone la paura e l’angoscia. Gesù accoglie ed insegna ad accogliere e difendere chi è più piccolo, indifeso, come lui fa con noi tutti.
Questo è essere davvero grandi, come lui.
23 Settembre Lunedì
Nessuno accende una lampada
e la copre con un vaso o la pone sotto un letto;
la pone invece su un lampadario,
perché chi entra veda la luce
Qualcuno un giorno ha acceso la mia lampada con la fiamma della sua; mi ha parlato di colui che ha dato la sua vita per me, per mostrarmi la via della felicità, di un amore tanto grande da vincere ogni paura. Ascoltavo e il mio cuore ardeva, ogni parola era come oro liquido, purissimo.
Ho ricevuto un dono grande: cosa ne ho fatto? L’ho forse tenuto dentro al cuore? L’ho nascosto ben bene come un segreto? Una dolcezza, uno stupore tutto e soltanto mio? Ma la lampada accesa, se coperta, si spegne; il fuoco soffocato diviene brace e poi cenere.
Affrettiamoci a risvegliare la fiamma, a soffiare sulla brace perché il fuoco divampi nuovamente. I miei occhi, i gesti possano accendere altre lampade che illuminino il buio e riscaldino il gelo.
24 Settembre Martedì
Mia madre e miei fratelli sono questi:
coloro che ascoltano la parola di Dio
e la mettono in pratica
Oggi è san Francesco a spiegarci il vangelo, con la Lettera a tutti i fedeli.
«Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio». Ecco cosa significa ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica: portarla in grembo, darle carne e sangue, così da partorirla in ogni opera buona, in ogni buon pensiero.
Dice il salmo: «Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino». Essere illuminati dalla parola significa dunque ascolto ma anche azione, capacità di vedere i bisogni dell’altro, disponibilità a lasciarsi consumare dalla sua fame di bene.
25 Settembre Mercoledì
Non prendete nulla per il viaggio,
né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro…
In qualunque casa entriate, là rimanete
e di là poi riprendete il cammino
Sobrietà è l’imperativo per non avere il cuore attaccato ai beni della terra, per indigenza o per abbondanza.
Il discepolo sobrio sa che tutto è dono ed ha l’animo libero per poter servire la parola in ogni dove. Non ha catene che gli appesantiscono il viaggio, ha piedi leggeri. Un giusto distacco dalle cose e da se stesso per la fiducia nella provvidenza, per affidarsi a colui che ci ha mandati e non ci lascia soli. San Francesco ce lo ha insegnato: un cuore povero è un cuore affidato a colui che compie meraviglie e lo fa anche attraverso noi; colui che è ogni bene, tutto il bene, il sommo bene.
Che cosa volere di più se non desiderare di spargere con lui e per lui semi d’amore? Chi è più grande, ammirabile, desiderabile del nostro Dio?
26 Settembre Giovedì
Alcuni dicevano: «Giovanni è risuscitato dai morti»,
altri: «È apparso Elia»,
e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui?»
Chi è costui? Quante volte torna questa domanda nei vangeli e nella storia degli uomini.
Anche Gesù chiede ai suoi apostoli: la gente chi dice che io sia? E voi? Se lo chiedono i vicini e se lo domandano i lontani, se lo è chiesto Giovanni e se lo chiede Erode.
Mai si era visto né sentito, nessuno si era mai immaginato un Dio che si fa uomo, che si spoglia della divinità sino ad assumere i lineamenti di una creatura; che diviene figlio tra i figli, per capirli portando la loro sorte, per aprire i loro cuori alla certezza d’essere molto amati, molto desiderati, sempre cercati e attesi.
Non può lasciare indifferenti questo figlio dell’uomo che porta in sé i lineamenti di Dio ma che, come noi, passa per il dolore, la solitudine e l’apparente sconfitta della morte. Per questo chi ne ha sentito parlare cerca il suo volto.
27 Settembre Venerdì
«Ma voi, chi dite che io sia?».
Pietro rispose: «Il Cristo di Dio»…
«Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto,
essere rifiutato dagli anziani,
dai capi dei sacerdoti e dagli scribi…
Il Cristo di Dio, l’unto, il Messia atteso da secoli. Pietro dice bene, dice il vero. Eppure Gesù ordina loro di non riferirlo a nessuno.
Perché? Gesù chiama se stesso il figlio dell’uomo, cioè uomo tra gli uomini, nato da donna, come noi segnato dalle relazioni, dal dolore, dall’amore. Lo fa per renderci consci della nostra dignità: siamo simili al Padre. Gesù non cerca la croce per desiderio di soffrire, essa è invece conseguenza della sua passione per gli uomini. Egli attraversa il dolore, lo respira, come una donna nelle doglie del parto. Infine muore e da questa sua morte sgorga nuova vita.
La sofferenza di Cristo ci aiuta ad assumere le nostre sofferenze: è possibile affidarsi a Dio e trovare pace, anche nel buio, persino nella morte. Affidarsi alle sue mani è ciò che ci salva.
28 Settembre Sabato
Mentre tutti erano ammirati, disse ai suoi discepoli:
«Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole
Com’è facile Signore ammirarti, stupirsi per le opere meravigliose che compi nella nostra vita. Basta affinare un po’ lo sguardo, aprire il cuore e ci accorgiamo di essere accompagnati da miracoli e bellezza.
Ma non possiamo dimenticare la croce: è lì il miracolo più grande, la condivisione del nostro dolore e della nostra morte da parte di. Non siamo soli. Il nostro Dio non si sottrae alla sofferenza ma la attraversa per redimere ogni dolore, per farsi nostro coraggio, nostra forza, nostra vita.
È un mistero d’amore che stupisce; ma non abbiamo nulla da temere ormai. Prendiamo le nostre croci, teniamo la mano di Gesù, il Figlio dell’uomo e camminiamo con coraggio.
Dalla croce sboccia la vita nuova.