Carissimi amici e carissime amiche!
Con gioia condividiamo con voi la testimonianza di Benedetta
che ha condiviso con noi l’esperienza dei ritiri e che il Signore ha chiamato alla vocazione matrimoniale:
buona lettura!
In preparazione al battesimo di mia figlia Celeste, ho incontrato nella parrocchia di Tre Santi a Bolzano, Giuseppe, per parlare di questo giorno speciale. Mi aspettavo che questo incontro servisse soprattutto a discutere di aspetti organizzativi e logistici, data la situazione attuale, e invece mi sono ritrovata ad ascoltare una bellissima spiegazione di un’icona rappresentante la Trinità, del santo monaco Rublev.
Non sono un’esperta di icone, ma questa la conoscevo ed è una delle mie preferite, perché ci dona una rappresentazione di Dio che non è così frequente nel nostro immaginario: quella di una famiglia. Certo, il concetto di trinità, il Dio Uno e Trino, ci è noto, ma questa icona ci parla proprio di un Dio-famiglia.
Ci sono tre persone attorno ad un tavolo: il Padre a sinistra, il Figlio Gesù al centro e lo Spirito Santo a destra unite da un cerchio immaginario. Sono equidistanti tra loro, ad indicare la loro pari importanza, ma ognuna è ben distinta dall’altra da precise caratteristiche, come il colore delle vesti, ad esempio. Il simbolismo di questa icona ci parla di una comunione d’amore: le tre persone si guardano, comunicano tra loro in un atteggiamento di apertura ed accoglienza e le loro posizioni formano proprio un cerchio che si apre, quasi ad invitare lo spettatore ad entrare in questo abbraccio di amore…come se aspettassero te.. (aspettassero me?). “E questo posto, sarà il posto di Celeste, nel giorno del suo battesimo”, mi dice Giuseppe. Questa frase mi colpisce: improvvisamente mi ricordo che mia figlia non è mia, ma è dono di Dio ed è Lui per primo che desidera amarla, invitandola proprio ad entrare da protagonista in questo respiro di Vita e Amore.. E mi rendo conto di quanto il mio umano amore di mamma sia limitato ed imperfetto, ma chiamato ad essere immagine, di quest’altro divino, più perfetto. E mi sento un pò liberata, a pensarci bene: quando mi sentirò in colpa o in difficoltà, pregherò pensando che in fondo posso essere solo un povero strumento di Dio per amare Celeste e mettendomi nelle sue mani gli dirò: guidami TU!
Così me ne torno a casa, grata e un po’ meditabonda per aver “incontrato” questa icona. Si, poiché l’icona non è solo un disegno, ma un incontro reale con il Signore, che vuole parlare proprio a te e alla tua vita. E infatti mi sono ritrovata la sera a riflettere e a chiedermi: ma io mi sento amata? Mi trovo all’interno di questa comunione d’amore oppure sono ancora lì sulla soglia che aspetto di entrare? E chiedevo lo stesso a mio marito..
Mi tornavano alla mente quindi ricordi dell’infanzia, dove nonostante l’amore di mamma e papà, capitava spesso che mi sentissi da sola, fin da bambina! Avvertivo come un vuoto d’amore, una sensazione di fondo che non mi ha mai abbandonata negli anni a seguire e che ha sicuramente condizionato scelte, incontri…portandomi a cercare nelle altre persone la risposta a questa inquietudine. Dentro di me sentivo un desiderio di pienezza, di amore pieno…qualcosa però che non trovavo nel mondo. E l’icona della Trinità sembrava farmi riflettere su questo mio bisogno: qual era il mio posto in questo quadro? Sono entrata in questa comunione di Amore, a cui ogni fibra del mio essere tende, oppure sono ancora sulla soglia ad osservare? Forse mi trovo ancora un pò nella seconda situazione, come di qualcuno che si nasconde …un pò come Adamo nel giardino, dopo che ha peccato. Ho forse paura di lasciarmi amare da Dio? E mi torna alla mente una frase di Chiara Corbella Petrillo: nella vita dobbiamo solo nascere e lasciarci amare.
Beh… qualche piccolo passo in questa direzione forse l’ho compiuto: in qualche modo, ad un certo punto della mia vita ho deciso di mettermi un po’ in cammino, in discussione, per capire dove potessi trovare questo amore, dato che a seguire solo queste sensazioni di “mancanza”, non avevo concluso nulla. Dopo aver preso consapevolezza che tutto ciò che desideravo era amore, ho cercato di capire quale forma di vita potesse realizzare questo desiderio. E il mio cuore mi parlava di famiglia domestica, ma non sapevo ancora come e con chi..fino a che ho incontrato mio marito, che non era certo il ragazzo che la mia testa aveva deciso di volere come uomo per l’eternità. È proprio da quel momento che è iniziato un percorso fatto di stupore e sorprese. In qualche modo, attraverso Roberto, Dio è venuto a incontrarmi dove mi trovavo io e cioè in un momento molto poco equilibrato della mia vita, per poi condurmi attraverso strade che mai avrei pensato, lontano dal mio essere, lontano da ciò che immaginavo. E questa è stata in definitiva la fatica più grande: come ad Abramo, il Signore sembrava chiedermi di partire verso l’ignoto, solo fidandomi di una intuizione. Mi chiedeva una cosa difficilissima: LASCIARE. Mi chiedeva di lasciare la vecchia me, con le sue convinzioni, i suoi schemi mentali e tutte le precedenti esperienze.. In pratica 30 anni di vita vissuta. Non mi stava chiedendo noccioline!! Posso dire che per molti mesi la mia mente, le mie emozioni, il mio corpo hanno remato contro in tutti i modi possibili in una vera e propria lotta interiore. C’è voluta la lettura di “Storia di un’anima” di Teresa di Lisieux, durante un viaggio in Thailandia, per sciogliere i miei turbamenti e farmi dire il mio SI! Le sue confessioni infatti raccontavano di dubbi, paure, travagli emotivi che mi hanno fatta sentire meno sola e hanno sciolto qualcosa dentro di me: se anche una santa come lei aveva trovato il coraggio di dire il suo SI vivendo un combattimento spirituale, potevo farlo anche io.
Quel si mi ha portata ad oggi, 30 luglio 2020 ad essere sposata da un anno, con mio marito Roberto e ad avere una bambina di 4 mesi, Celeste. Posso dire di essere felice? Ho incontrato finalmente questo Amore a cui tutto il mio essere ha anelato da sempre? Posso dire di Sì…e loro ne sono i segni…
Eppure l’icona della Trinità sembrava invece dirmi che manca ancora un pezzetto.. molto più personale, come una faccenda a tu per tu, qualcosa di ancora aperto con Dio. Sembrava invitarmi a fare un passo in più, verso quel posto vuoto. Sembrava dirmi: lasciati amare proprio come io desidero amarti. Forse dunque, è proprio questa la vocazione universale di tutti noi: “nascere e lasciarsi amare” (cit. Chiara Corbella Petrillo), vocazione universale, che precede la vocazione di vita (matrimonio, famiglia, consacrazione religiosa, vita laicale..). E quindi mi metto di nuovo in cammino,verso un nuovo SI..iniziando dalla preghiera, perchè non saprei da dove altro partire.. Buona vita!