La tua fede ti ha salvata. Meditazioni ai margini dell’anno della Misericordia

Pubblicato giorno 12 Marzo 2017 - S. Chiara d'Assisi

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“La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!”.

Sono le parole che Gesù ha rivolto alla donna peccatrice, misera, dalla quale è stato onorato come ospite in casa di Simone, dopo i suoi gesti di conversione e di amore (Lc 7,36-50). È la fede che salva, cioè libera, fa entrare nella vita nuova in comunione con Dio e partecipare alla vera felicità. Questa fede che salva è personale: la “tua” fede, pur ricevendola e vivendola insieme agli altri credenti. Divenuta donna credente, lei riceve il mandato: “… va’ in pace!”. Il verbo “va’ ” è tipico dei chiamati e degli inviati da Dio, indica una vocazione e una missione. “… in pace” significa riconciliazione con Dio, con sé, con gli altri.

Dopo queste parole la donna rinata può alzarsi e “uscire” dalla casa e percorrere la strada della vita nuova. Dopo l’incontro col Misericordioso, la misera è resa capace di usare misericordia. Per il grande amore ricevuto e donato, la donna rinnovata nel profondo avrà compiuto la sua missione; avrà continuato ad amare in modo nuovo da discepola; sarà divenuta veramente “donna”: aiuto divino per l’uomo, per qualunque prossimo, compiendo opere di misericordia.

Pure noi, perdonati e riconciliati, siamo mandati a compierle, in modo speciale, più cosciente, in quest’Anno Santo. Quali sono queste opere? La Chiesa ne indica alcune, che ricordiamo qui, prima le sette corporali e poi le sette spirituali: dare da mangiare agli affamati; dare da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti; consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare per i vivi e per i morti. Opere di misericordia sono pure tutti quegli atti che manifestano attenzione e amore verso chi ha bisogno, come il Vangelo ci insegna. Atti imparati da noi guardando e contemplando il Padre nostro, che si china verso ogni sua creatura in necessità.

Così ha fatto Chiara, chiamata da Francesco la “cristiana”. Uscita dalla Porziuncola, trovando il suo cuore “riposo” nel luogo accanto alla chiesetta di S. Damiano, Chiara ha vissuto una vita di fede e di amore “corporalmente rinchiusa”, ma aperta ai vasti orizzonti, alle varie necessità della sua Comunità di Sorelle Povere, della Chiesa, della sua città di Assisi, dei poveri, dei tanti che si recavano da lei per ricevere conforto, guarigione nel corpo e nello spirito, aiuto nelle diverse situazioni della vita. Per l’intercessione di Chiara, il Signore ha compiuto miracoli, pure quelli di risuscitare i morti, come hanno scoperto recentemente. La fede e la pace, donatale dal suo Signore e Sposo, sono diventate in Chiara dono per il prossimo.

Le opere di misericordia sono fede in atto; sono amore-carità verso il Dio misericordioso e tutti i suoi amati miseri, nei quali Lui si identifica; sono la “chiave” che aprirà l’ultima “porta santa”, quella del cielo, al termine del pellegrinaggio della nostra vita; sono la verifica della nostra umanità convertita e risanata, santificata e trasformata dalla grazia e dai Sacramenti. Con coraggio allora “andiamo in pace” anche noi: queste sono anche le ultime parole della S. Messa, dopo la comunione e prima dell’uscita dalla chiesa, casa del Padre sulla terra.

Andiamo e viviamo con gioia francescana e clariana la nostra vocazione e missione.

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