La vita feriale del Dio fatto Carne – Commento alle letture della festa della S. Famiglia

Pubblicato giorno 27 Dicembre 2019 - ARTICOLI DEL BLOG, Commenti alle letture festive 2019

Condividi su:   Facebook Twitter Google

29 dicembre

SACRA FAMIGLIA DI GESù, GIUSEPPE E MARIA

 

 

Tra tutte le festività liturgiche, la festa di oggi è forse quella che ci fa sentire più prossima la vita di Gesù, Giuseppe e Maria. Vita feriale, fatta di gioie e preoccupazioni, d’intimità domestica e drammi imprevedibili che cambiano la quiete in angoscia. Il disegno di Dio si dipana nell’intreccio di questi eventi: non è ieratica impassibilità di un’esistenza condotta sotto una campana di vetro. Anzi! Dio è e rimane il Dio di Maria sia nella grazia dell’Annunciazione e nel giubilo del Magnificat, sia nell’angoscia della fuga in Egitto. Parlare di fuga non può non farci pensare alle migliaia e migliaia di profughi costretti a lasciare la propria terra in cerca di salvezza e di pace, di incolumità e di dignità, proprio come è accaduto alla Santa Famiglia. Forse alle nostre famiglie sono risparmiati drammi come questi, nondimeno prove più quotidiane quali la perdita della salute, la perdita del lavoro, la fatica delle relazioni, fanno sperimentare che la nostra relazione con Dio passa anche attraverso questi eventi. La festa di oggi è una divina attestazione di vicinanza per le nostre famiglie: non c’è nulla nella nostra vita umana che Dio stesso non abbia voluto fare proprio. Rivolgiamoci dunque con fiducia all’intercessione della Santa Famiglia in tutte le nostre necessità.

PRIMA LETTURA Onora il padre e la madre

Il messaggio che ci raggiunge da questo brano del Siracide è una preziosa attualizzazione del quarto comandamento: Onora il padre a la madre, onora coloro per mezzo dei quali Dio ti ha donato la vita. La vita è un dono indisponibile, gratuito. Onorare il padre e la madre, anche nella loro vecchiaia e malattia, è un comando che porta in sé il profumo della risurrezione perché non permette ai criteri mondani dell’efficienza, della salute, dell’indipendenza di chiuderci nel nostro egoismo. La vita è una parabola che chiede a ciascuno di noi di stare ora dalla parte di colui del quale ci si prende cura, ora dalla parte di colui che si prende cura: ciò che ci caratterizza è il bisogno dell’altro. Beati noi se sapremo vivere questo bisogno alla luce del comando di Dio che ci dice: Onora, ama.

SECONDA LETTURA Il debito dell’amore

È straordinario questo testo di San Paolo che al primato dell’amore ha dedicato pagine stupende (cfr. Rm 8)! Il brano che la liturgia ci propone oggi traduce positivamente, in azione, un’altra parola paolina: Non abbiate alcun debito con nessuno se non quello di un amore vicendevole. Se vivessimo il debito dell’amore a denti stretti (e dobbiamo essere onesti: talora lo viviamo così!) saremmo chiusi nel negativo, nel fallimento. A nessuno di noi piace essere in debito con altri! Questa logica economica si è fatta strada in noi solo perché non vogliamo rischiare di perdere ciò che abbiamo faticosamente conquistato, dimenticando che il debito cristiano nasce dalla sovrabbondante gratuità che ci ha raggiunto attraverso il dono di Cristo che ci partecipa i suoi sentimenti di bontà, mansuetudine, pazienza, sopportazione. Il nostro debito è proporzionato al tesoro che ci è stato dato affinché lo spendessimo.

VANGELO

In questa festa l’evangelista Matteo mette in risalto la figura di Giuseppe. Anche questa volta egli riceve il messaggio di Dio in sogno, per mezzo di un angelo: Alzati! Gli viene chiesto qualcosa di improvviso e di urgente: deve alzarsi nel cuore della notte. Matteo fa notare che Giuseppe si alza e agisce immediatamente. Come doveva essere vigile Giuseppe, sensibile e aperto anche al minimo cenno di Dio! Non soltanto di giorno ma anche di notte la sua anima era aperta verso l’Alto, in modo che Dio poteva influire in essa con facilità, sicuro della piena corrispondenza. Ricevuto il comando, Giuseppe si scuote all’istante, subito pronto all’azione. Sarà sempre così nella sua vita, come lo è nella vita di chi riempie la propria anima di Dio. Nella storia d’Israele vi era già stata una fuga in Egitto quando la carestia aveva costretto i figli di Giacobbe a discendere nel fertile delta del Nilo. Ora Giuseppe deve prendere la stessa via per salvare la vita del bambino a lui affidato. Ma è bello per noi che questa indicazione sia data a Giuseppe dall’angelo: Dio prepara la salvezza al tempo giusto, senza che noi ce ne preoccupiamo anzitempo. Dopo la morte di Erode è ancora l’angelo che ordina a Giuseppe di tornare nella terra d’Israele, precisamente in Galilea. La vita della Santa Famiglia è quindi contrassegnata da un continuo esodo: uscire, lasciare e partire sono i verbi che danno compimento alla volontà di Dio. Non dobbiamo dunque temerli perché la mèta del nostro cammino sta davanti a noi. La nostra ferialità è vera solo quando ci fa compiere l’esodo da noi stessi!

Condividi su:   Facebook Twitter Google