L’amore alla liturgia in Chiara d’Assisi – La preghiera liturgica 6

Pubblicato giorno 15 Agosto 2018 - ARTICOLI DEL BLOG, S. Chiara d'Assisi

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La vita a San Damiano, il piccolo luogo restaurato da Francesco in cui trovarono dimora “come in un porto sicuro” (FF 3174) Chiara e le prime Sorelle povere, era scandita dal ritmo della preghiera e dalla lode di Dio. Nella semplicità e nell’intensità dei giorni, ciò che sosteneva e nutriva il cammino delle Sorelle sulla via del Vangelo era primariamente la Liturgia -S. Messa e Ufficio divino (Liturgia delle ore)-, fonte privilegiata di grazia e di carità.

Una Liturgia che Chiara e Francesco celebravano secondo il rito della Curia papale, più semplice degli Uffici monastici contemporanei. L’attaccamento di Francesco alla “santa Chiesa Romana”, che come figlio obbediente voleva servire, consentì ai Frati minori e alle Sorelle povere di beneficiare anche di una liturgia più sobria che poteva essere meglio assimilata e custodita nel cuore.

La liturgia medievale nei monasteri

Il Medioevo è un tempo in cui la vita monastica soffriva di una sorta di “super-alimentazione” liturgica. Infatti in quell’epoca gli Uffici monastici si appesantirono e complicarono molto, a causa di varie aggiunte. Accanto alla preghiera ordinaria vennero  introdotti “uffici devozionali supplementari, salmi penitenziali, salmi da recitare in favore dei benefattori, suffragi, sequenze, tropi, prose, processioni varie… La lunghezza dell’Ufficio, naturalmente, andava a scapito della qualità della preghiera: non tardarono a levarsi voci di monaci che chiedevano una semplificazione della Liturgia. A questo scopo mirò già la riforma liturgica cisterciense, che scosse il mondo monastico. In seguito, in modo imprevisto e inatteso, si fece strada con Innocenzo III (papa dal 1198 al 1216) una rinascita liturgica con la riforma del rito della Curia papale, che semplificò l’Ufficio divino, abbreviandolo e liberandolo da quelle forme che lo appesantivano” (cf S.J.P. Van Dijk e J.H. Walker).

La preghiera a San Damiano

Al tempo di Chiara -siamo nella prima metà del 1200- un libro costituiva un tesoro prezioso: interamente scritto a mano su pergamena, oltre che raro era molto costoso. Nel monastero di San Damiano, “piccolo nido di povertà” (FF 3185) liberamente scelta, i libri erano pochissimi e forse non c’era nemmeno la Bibbia per intero.

Conosciamo tuttavia dalla Regola che “le Sorelle potevano avere i breviari, per celebrare l’Ufficio divino secondo la consuetudine dei Frati minori” (cf RsCh 3,1: FF 2766). Era dunque il breviario -il grande libro corale per la preghiera comune da cui si leggeva insieme- la ricca fonte spirituale di Chiara e delle Sorelle: da qui esse attingevano il tesoro della  Parola di Dio e altre perle preziose, quali i commenti dei Padri, le vite dei santi, gli inni, le antifone e i responsori, di cui è composta la Liturgia delle ore.

La preghiera liturgica era per loro un’autentica scuola di preghiera e di vita. La Liturgia infatti, ieri come oggi, nutre l’anima di cibo sostanzioso e vivificante, la fa crescere con la solida dottrina della Chiesa e la forma alla contemplazione e all’amore di Dio, proprio come una vera maestra di fede e di vita spirituale.

Forse a noi, abituati ai tanti mezzi di comunicazione della nostra società tecnologica, non è facile comprendere quale profonda e vivida risonanza avevano le parole della Liturgia nella vita della piccola fraternità di San Damiano, intessuta di sobrietà e di silenzio, nello spazio intimo di una clausura in cui la Parola, accolta e meditata nel quotidiano colloquio con Dio, si imprimeva come seme fecondo nei cuori delle Sorelle.

La Liturgia nel cuore di Chiara

La pianticella di Francesco attinse da lui, padre e maestro di vita, l’amore alle “sante parole” del Signore: di esse nutriva la sua preghiera, tanto da ritenerle ben vive nella memoria. Sappiamo dalle Fonti che Chiara imparò l’Ufficio della Passione, composto da Francesco unendo versetti di salmi e altri testi liturgici liberamente adattati, e che “fu solita recitarlo con pari amore” (FF 3216).

Sono soprattutto gli scritti di Chiara a rivelarci quanto la Liturgia impregnasse soavemente la sua anima. In particolare, nelle Lettere ad Agnese di Praga, figlia spirituale e Sorella da lei molto amata, troviamo numerose citazioni e riferimenti a testi liturgici, che Chiara usa con tanta frequenza e naturalezza per esprimere il suo pensiero quasi come fossero parole sue, segno questo di una profonda meditazione e assimilazione della Parola di Dio.

I temi che ella predilige rivelano la sua spiccata sensibilità femminile e sono i più cari alla sua esperienza di donna, di consacrata, di claustrale, quali la verginità e la sponsalità, l’inabitazione di Dio nell’anima, la povertà e la regalità del Signore, con un particolare amore per la “sua dolcissima Madre” che portò il figlio nel “grembo verginale”.

Chiara, con la sua vita di donna appassionata del Signore e della sua Parola, risplende come un segno luminoso per tutti e si fa invito attraente ad amare la Liturgia, così che essa “pervada profondamente, ravvivi, guidi ed esprima tutta la preghiera cristiana e alimenti efficacemente la vita spirituale del popolo di Dio” (Paolo VI, Laudis canticum 8).

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