Legami fragili. Scegliere un altro per amare – Omelia di p. Gaetano Piccolo SJ per la XXVII domenica anno B

Pubblicato giorno 5 Ottobre 2018 - ARTICOLI DEL BLOG, Omelie di p. Gaetano Piccolo SJ

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dal sito Rigantur mentes

“A chi parlerò oggi? I fratelli sono malvagi. Gli amici non sanno amare. i cuori sono avidi. A chi parlerò oggi? A chi ha il volto sereno? No, di solito è malvagio. Di solito è soddisfatto dal male. A chi parlerò oggi?”

Papiro “Berlino 7024”

Se per caso ci fosse ancora qualche dubbio, adesso è evidente che noi consacrati, religiosi, sacerdoti, non siamo i migliori. E non siamo neppure i più coraggiosi.

Senza alcuna piaggeria, lo riconosco da tempo con convinzione. E me ne accorgo sempre di più frequentando coloro che hanno deciso di sposarsi e di portare avanti la loro vita insieme a un’altra persona.

Quelli audaci siete voi, che avete scelto di condividere per sempre la vostra vita insieme a una persona fragile come voi. I veri coraggiosi siete voi, che avete scelto di compromettere la vostra vita insieme a un’altra persona che può cambiare, può tradire, può ammalarsi, può morire…

C’è una fatica nella vita di coppia che noi consacrati stentiamo a riconoscere: la fatica di essere ogni giorno espropriati del proprio io. L’altra persona ti ricorda ogni giorno che lo spazio non è tutto tuo, ti ricorda che ci sono le esigenze, i bisogni, i tempi degli altri.

Forse proprio perché si tratta di una relazione così delicata e fragile, così faticosa ed esigente, forse proprio per questo, la relazione di coppia è anche facilmente il luogo dell’abuso, della violenza, dell’umiliazione e del tradimento.

La relazione coniugale diventa emblematica di ogni altra relazione, per questo Gesù rimanda alla creazione per comprenderne il significato. L’uomo non è fatto per la solitudine, egli cerca qualcun altro per sentirsi riconosciuto. L’altro, dice la Genesi, è una parte di me. E solo un altro può colmare quel vuoto che inevitabilmente mi porto dentro. Ecco perché coloro che consacrano la loro vita a Dio sono chiamati a vivere la fatica di lasciare incolmato quel vuoto, affinché Dio possa trovare spazio nella loro vita. Sarà quel vuoto lasciato aperto il segno che rimanda continuamente a Dio. La persona consacrata sarà continuamente spinta a tentare di colmare quel vuoto. E quella tensione è la fatica della vita che ha scelto.

Nella vita coniugale è invece proprio la comunione il segno in cui Dio si rende presente: l’uomo e la donna sono presentati nella Genesi come complementari persino nel nome. La donna, simbolo di questa alterità, prende nome dall’uomo (Ish-Isha). E insieme formano qualcosa di nuovo, una sola carne. Una realtà nuova, che non è più né solo dell’uno, né solo dell’altra. Per noi credenti, questa è la realtà sacramentale che opera sempre un cambiamento efficace e vero. Separare l’uomo e la donna significa allora dilaniare quell’unica carne che la comunione ha realizzato.

Per il consacrato quindi Dio è nel vuoto incolmato, per gli sposati Dio è nella comunione realizzata.

La comunione si realizza quando i legami sono chiari: occorre lasciare altre relazioni, anche buone, come la relazione con il padre e la madre, affinché possa nascere una comunione nuova. Oggi molte relazioni sono in crisi perché nascono come relazioni invischiate, in cui non si capisce dove finisce l’una e inizia l’altra. Ci si può unire a qualcosa solo se si lascia ciò a cui si era legati prima.

Questo discorso di Gesù è sconvolgente anche per i discepoli. È difficile ammettere che Gesù ci chiede di lasciare da parte il nostro egoismo. E queste parole di Gesù si concludono infatti con una scena che apparentemente sembra incongruente: i discepoli allontanano dei bambini che vengono presentati a Gesù. Bambini forse rumorosi, sporchi e capricciosi, come spesso sono i bambini piccoli, come fastidiosi e impertinenti sono i figli piccoli. Ma emerge così un contrasto tra il modo di pensare degli adulti e il modo di vivere dei bambini: gli adulti, i discepoli, i credenti, badano a tutelare i proprio affari mettendosi a posto la coscienza. Gli adulti, in questo passo del Vangelo, vogliono tutelare il loro diritto a ripudiare una donna senza però macchiarsi la coscienza. Cercano in qualche modo la via per giustificare il loro egoismo.

A questo modo di pensare Gesù contrappone il modo di vivere dei bambini, che cercano Gesù senza farsi troppi problemi. I bambini sono così come li vedi. E i bambini hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro. I bambini cercano gli altri ed escono dalla solitudine. Solo crescendo, le nostre paure, ci portano a nasconderci dagli altri o ad abusarne.

E quegli adulti, così come volevano sbarazzarsi delle donne, ora vogliono sbarazzarsi dei bambini, ovvero di tutte quelle persone deboli che potrebbero compromettere il loro egoismo e la ricerca esclusiva del loro interesse personale.

A differenza di questi adulti, Gesù non si vergogna di accogliere questi bambini tra le braccia. Gesù si mostra nella sua tenerezza e nella sua capacità di stare con i più deboli. Gesù è l’uomo che non ha paura di essere disturbato.

In qualunque situazione della vita ci troviamo, siamo sempre chiamati allora a ritrovare quella dimensione fondamentale della nostra vita che parte dal vuoto inevitabile che ci portiamo dentro. È a partire da quel vuoto che ci domandiamo come desideriamo vivere la nostra vita.

Leggersi dentro

  • Qualunque sia la tua vocazione, come la stai vivendo?
  • Come vivi la tensione tra il tuo interesse personale e la giustizia per gli altri?
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