“Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo”.
L’anticamera del tradimento è sempre la quantificazione dell’amore. Quando si comincia a misurare l’amore ciò è segno che qualcosa è finito. Forse capita anche noi di fare questo tipo di esperienza. Cominciamo, ad esempio, a quantificare quello che abbiamo fatto o meno per una persona, misuriamo le cose, il tempo, cominciamo a dire “ma io ti ho fatto questo e tu non mi hai fatto quest’altro”. Se amare significa scambiare quantitativamente dei beni, allora questo non è l’amore di Cristo. Se l’amore lo si può misurare prima o poi lo si vende per qualche altra cosa che ci sembra un affare. Se misuro il tempo della preghiera, il tempo che passo con i miei figli, il tempo che dedico a chi amo, allora appena potrò trovare qualcosa che mi prende meno tempo e mi toglie meno energie certamente lo sceglierò. Ma non sto cercando più l’amore ma la convenienza. A volte l’amore non conviene ma è sempre meglio. Giuda non trova più convenienza in Gesù per questo lo lascia.
Dovremmo domandarci alle soglie del triduo santo se amiamo per convenienza o per convinzione. “«Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto»”.
Vivere e amare per convenienza ci fa vivere una vita da inferno, perché all’inferno ci si ritrova sempre per ragionamento e calcolo, ma l’amore è una sovrabbondanza che eccede i ragionamenti e i meri calcoli. Sarebbe brutto svegliarsi una mattina e dirsi “meglio non essere mai nati”.
Matteo 26,14-25
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