Non c’è nient’altro? La gioia è di chi non si accontenta – Omelia per la festa della Trasfigurazione, p. Gaetano Piccolo SJ

Pubblicato giorno 4 Agosto 2017 - ARTICOLI DEL BLOG, Omelie di p. Gaetano Piccolo SJ

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dal sito Rigantur mentes

Cammina dove non puoi! Guarda dove non vedi! 

Ascolta dove nulla suona e nulla risuona: sarai così dove Dio parla.

Silesio

 

La nostra vita si ferma spesso alla figura, all’apparenza, all’immagine.

Se non riusciamo a cogliere il senso, forse è perché non guardiamo fino in fondo. Le immagini diventano barriere piuttosto che finestre.

Gli eventi diventano ostacoli piuttosto che aperture.

Dio è al di là della figura.

Le letture di questa domenica insistono nel richiamare i nostri sensi: guardare, essere testimoni oculari, ascoltare la voce. «Guardando ancora nelle visioni notturne…», dice il Libro di Daniele.

Si tratta di non accontentarsi di guardare semplicemente le cose come ci stanno davanti, né di fermarci a quello che sentiamo in superficie.

La trasfigurazione è una questione di profondità.

È andando oltre l’apparenza che si arriva a gioire, come quando cerchi da tempo un senso, e finalmente lo trovi.

La trasfigurazione è l’esperienza del mettersi in cammino per uscire dalla superficialità. Gesù infatti si trasfigura compiendo il suo esodo, la sua uscita dall’apparenza del quotidiano. È l’esodo che lo ha portato a uscire dal seno del Padre e a mettersi ora in cammino verso Gerusalemme. Gerusalemme non è solo la croce. Gesù ne trasfigura il senso e vede la vita che traspare dal legno ruvido della croce.

Anche nel linguaggio ordinario parliamo del volto trasfigurato dalla gioia di una donna che aspetta un bambino: parliamo di un volto radioso, di occhi che brillano.

Gesù si trasfigura, è raggiante, per la gioia di poter condividere con gli amici la scoperta del senso più profondo della sua vita.

Gli esegeti riconducono la trasfigurazione a un’apparizione del Risorto, semplicemente anticipata nel racconto evangelico, come se, nella sua vita terrena, Gesù non potesse esprimere la sua felicità.

La presenza di Mosè ed Elia è certamente significativa perché attesta che Gesù è veramente il Messia atteso. Si tratta infatti dei due personaggi dell’antico testamento che, secondo la tradizione ebraica, sarebbero ritornati per annunciare la presenza del Messia. Essi rappresentano inoltre simbolicamente tutta la Scrittura: «la Legge e i Profeti». Mosè era infatti considerato l’autore dei primi cinque libri della Bibbia (il Pentateuco) ed Elia rievoca la figura del profeta per antonomasia.

Guardando e ascoltando oltre l’apparenza, Mosè ed Elia appaiono però anche come coloro con i quali Gesù può condividere ciò che gli sta a cuore: l’umanità, la schiavitù del popolo, il fuoco ardente per Dio, la passione per la verità. C’è una condivisione spirituale che ci trasfigura, perché ci riempie di gioia. Tutti noi cerchiamo con fatica qualcuno con cui condividere la ricerca del senso più autentico delle cose.

Gesù è trasfigurato dalla gioia perché si sente riconosciuto dal Padre. La voce del Padre attesta la sua identità. Il Padre lo ritiene degno di essere ascoltato, lo riconosce come il suo figlio prediletto. Sono le parole che ogni figlio vorrebbe sentirsi dire dal Padre. Sono le parole che spesso però non sentiamo perché non ascoltiamo fino in fondo. Anche le parole diventano spesso muri, piuttosto che finestre.

Gesù ci apre la strada della trasfigurazione, ci invita a guardare e ad ascoltare in maniera più profonda, dando spazio alle parole e alle immagini che ci danno vita e a lasciare andare quello che ci trattiene in superficie. Dio è oltre l’apparenza.

Leggersi dentro

–          Cosa vedi se provi a guardare nelle tue visioni notturne?

–          Quali sono le parole e le immagini che ti danno una gioia più profonda?

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