Novena dell’Immacolata 2020 – 29 novembre, Maria nella storia della salvezza

Pubblicato giorno 28 Novembre 2020 - ARTICOLI DEL BLOG, Novene

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Introduzione

In questi giorni di preparazione alla Solennità dell’Immacolata, desideriamo guardare a Maria contemplando in lei il dono che Dio ha fatto a tutta l’umanità in vista della salvezza, della vita  e della gioia di ogni suo figlio.

In Maria, che ci è sorella e madre, noi possiamo contemplare la donna nella pienezza della sua vocazione all’amore e all’unione con Dio, alla tenerezza e al servizio nella carità verso i fratelli, fino al dono totale di sé nel mistero della croce di Gesù, suo amatissimo Figlio. Lì la sua maternità si dilata alle dimensioni del mondo, lì ella diviene viva immagine della Chiesa, lì il suo cuore di donna partecipa pienamente e per sempre alla redenzione di tutti.

Celebrare la Festa solenne dell’Immacolata Concezione di Maria ci colmi di gratitudine, di pace e di speranza per vivere con gioia la nostra vocazione e missione nella Chiesa, accompagnate dalla Vergine Madre che con amore generoso e fedele intercede per noi.

 

 

29 novembre

…nel disegno della salvezza

 

Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». (Gen 3,9-15)

«Il più grande peccato dell’uomo, da cui trae origine la nostra colpa, è la superbia: essa è la prima freccia con cui il diavolo ci ha ferito e abbattuto. Infatti, se l’uomo, ingannato dalle parole suadenti del serpente, non avesse voluto essere come Dio e conoscere il vero e il falso, che non poteva discernere a fondo a causa della fragilità umana, e se perciò non avesse agito come fece, precipitando dalla felicità del paradiso per una temeraria presunzione, se insoddisfatto dei suoi limiti non avesse infranto una proibizione, mai sarebbe ricaduta su di noi l’eredità di una colpa mortale» (s. Ambrogio, vescovo).

Sant’ Ambrogio commenta così il brano di Genesi che meditiamo oggi, contemplando in esso la profezia di Maria come dono di Dio nel disegno della salvezza.

Il capitolo terzo del libro della Genesi narra il peccato che è all’origine di ogni altro peccato dell’uomo: la superbia, che nasce dalla sfiducia in Dio. L’esito del peccato l’abbiamo appena udito: è la drammatica rottura delle relazioni. Anche noi spesso la sperimentiamo dolorosamente, avvertendo che la sua radice è la divisione interiore. Perché non riesco a mostrarmi a Dio, a me stesso e agli altri nella nudità della mia verità? Perché non riesco a dire “sì” senza dire anche “no”? Perché non riesco a donare la vita preferendo trattenerla? Queste domande accompagnano da secoli l’esperienza che l’uomo ha di se stesso.

…Senza l’intervento di Dio la nostra esistenza sarebbe stata solo questo! Ma la misericordia di Dio non ha lasciato solo l’uomo, non ci ha lasciati soli! Come abbiamo sentito, lo ha soccorso dandogli immediatamente speranza, annunciando la salvezza! Non da fuori la natura umana, ma da dentro; non nel segno della forza, ma della debolezza; non nel segno della potenza, ma nel segno di una donna, di una madre e di suo figlio. In questa donna, in questa madre, la Chiesa ha sempre visto la figura di Maria. È lei la donna della vittoria, la donna nella quale l’umile fiducia nell’impossibile di Dio ha portato frutto anche per tutti noi.

     Ma il testo accenna anche alla stirpe della donna: è il suo Figlio, infatti, a schiacciare la testa del serpente. È il Figlio a salvare la madre stessa dall’insidia del serpente. La salvezza operata da Gesù ha agito preventivamente in Maria, preservandola dal peccato originale, così che il suo assenso a Dio fosse pienamente libero, mosso non dal timore, ma dall’amore, non dalla sottomissione ma dalla forza ardente del desiderio. Dio si è fatto uomo in Maria per farci tutti partecipi della sua vittoria, egli che ci ama come fratelli!

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