Novena di santa Chiara 2022 – 4 agosto, Povertà altissima

Pubblicato giorno 4 Agosto 2022 - ARTICOLI DEL BLOG, Novene, S. Chiara d'Assisi

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Povertà altissima

Passo dopo passo, siamo condotte all’elemento centrale della spiritualità di Chiara: la povertà altissima, cioè la sequela di Cristo povero, che investe tutte le dimensioni della vita. Il cuore puro secondo la nostra madre è il cuore povero, che si affida senza riserve a Colui dal quale tutto riceve e, non appartenendosi, non coltiva in sé false sicurezze.

1. Libertà nella lotta
Così nella lotta quotidiana il cuore è libero dalla pesantezza dell’attaccamento ai posses¬si terreni: Il regno dei cieli è promesso e dato dal Signore solo ai poveri, poiché quando si amano le cose temporali, si perde il frutto della carità; e non si può servire a Dio e a mammona, perché o si ama l’uno e si odia l’altro, o si serve il secondo e si disprezza il primo; e un uomo vestito non può lottare con uno nudo, perché viene presto gettato a terra chi offre presa all’avversario; e non si può vivere glo¬riosamente nel mondo e regnare lassù con Cristo: poiché potrà passare un cammello per la cruna di un ago prima che un ricco salga al regno dei cieli (1LAg 25-28: FF 2867). Per Chiara povertà e carità vanno sempre insieme, sono due facce della stessa medaglia: il cuore amante, lasciando libertà d’azione allo Spirito dell’Amore che lo abita, perde ogni interesse all’egoistico possesso dei beni di questo mondo e si apre senza paura alla carità fraterna, perché non ha nulla da perdere. D’altra parte il cuore povero, proprio perché vuoto della ricerca di qualcosa per sé, si dilata nell’amore di Dio, delle sorelle, dei fratelli.
Il paragone dell’uomo nudo e dell’uomo vestito rende molto bene la portata della lotta, che riconosce la radice di ogni peccato in quella paura di perdere se stesso (la propria nudità), in seguito al tentativo di fare a meno di Dio, peccato che ha indotto Adamo a nascondersi. E il Padre misericordioso l’ha rivestito, perché potesse convivere con la drammatica esperien¬za del proprio limite: quando questo è accolto consapevolmente in rendimento di grazie al Donatore, si scopre che essere nudi davanti a lui consente di rivestirsi di Cristo rimanendo nel suo amore.

2. Togliere ogni impedimento
Allora ogni impedimento viene tolto e, senza fardelli, si avanza con corsa veloce, passo leggero, senza impedimenti ai piedi, tanto che i tuoi passi non raccolgano la polvere… (2LAg 12: FF 2875). Poiché nulla la trat¬tiene, per Chiara l’andare sulla via della sapienza è una corsa.

3. Calcare le orme
Correndo, come Francesco, mette i suoi passi in quelli di Gesù Cristo: divenuta emula della santissima povertà, in spirito di grande umiltà e di ardentissima carità, ricalchi con assoluta fedeltà le orme di Colui al quale hai meritato di essere unita in sposa (2LAg 7: FF 2873); anche tu, seguendo le sue orme, special¬mente quelle dell’umiltà e della povertà, senza alcun dubbio lo puoi portare spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale (3LAg 25: FF 2893); ed il beatissimo padre nostro Francesco, imi¬tando le sue orme (cfr. 1Pt 2,21) finché visse, con il suo esempio e insegnamento non si allontanò in nessun modo dalla santa povertà di Lui, che scelse per sé e per i suoi fratelli (TestsC 36: FF 2837). Il riferimento a 1Pt tanto importante nella scelta evangelica francescano-clariana, ci riporta al contesto biblico in cui il versetto è inserito, che è emi¬nentemente pasquale. Si tratta di calcare quelle orme che portano fino alla croce, al dono d’amore di Cristo sul patibolo più infamante. Il cuore puro allora, lasciandosi amare da Gesù Cristo, non teme di seguirlo in un cam¬mino quotidiano che fa proprie le sue scelte, sintetizzate come sempre da Chiara in quella povertà-umiltà che è l’atteggiamento costante di Gesù nella sua esistenza terrena.

4. Obbedienza
Tale caratteristica del Figlio di Dio ha il suo vertice nell’obbedienza senza riserve alla volontà del Padre, che si fa consegna nelle mani degli uomini per vivere sino alla fine il suo disegno d’amore e di salvezza. Qui s’innesta il rinnega te stesso che trova la più alta concretizzazione in un cuore obbediente: Inoltre le sorelle che sono suddite, si ricordino che per Dio rinunciarono alla propria volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, come spontaneamente promisero al Signore; affinché la loro madre, vedendo la carità, l’u¬miltà e l’unità che hanno tra loro, porti con più facilità ogni peso che sostiene per l’ufficio e, per il loro santo tenore di vita, ciò che è molesto e amaro si converta per lei in dolcezza (TestsC 67-68: FF 2849). Le sorelle suddite, poi, ricordino che hanno rinunciato alla propria volontà per amore di Dio (RsC 10,2: FF 2807).
L’obbedienza è il culmine della povertà altissima, perché investe la volontà, dimen¬sione specificamente umana. Quello che Chiara chiede non è una dipendenza infan¬tile, ma la libera consegna di una donna adul¬ta capace di compiere le proprie scelte, che vi rinuncia per calcare le orme del Diletto. Nel Testamento la madre esorta, ammonisce, sup¬plica le sorelle, ma trattando dell’obbedienza si esprime con un deciso voglio, che manifesta la necessità inderogabile di un comportamen¬to di cui non parla spesso, come Francesco, pur attribuendovi pari importanza. Per lei obbedire non è un peso, ma un bene talmente grande da non sciupare in alcun modo, poiché viverlo è grazia. Il servizio dell’autorità, privandola di tale dono, è stato per lei una grande croce, a cui si riferisce con gli stessi termini che il poverello usa parlando dell’incontro con i lebbrosi: molesto e amaro. Tuttavia il peso si fa dolce quando vede le sorelle vivere la comunione della carità, di cui l’obbedienza è un cardine.

5. Restituzione
Quanto stiamo dicendo riguarda la nostra risposta al dono immenso della vocazione, che pure possiamo attuare soltanto perché il Signore opera con noi: Con quanta sollecitu¬dine e con quanta applicazione di mente e di corpo dobbiamo dunque custodire comanda¬menti di Dio e del nostro padre, per restituire con la cooperazione del Signore il talento moltiplicato! (cfr. TestsC 8: FF 2828). Tutto il nostro cammino quindi non è che restituzione di quel talento, che per Chiara è la chiamata specifica ad attuare la vita cristiana nella sequela del Crocifisso povero. Al di là della personalità irripetibile di ciascuna, ogni sorella povera sa di aver ricevu¬to questo talento, che la santa operazione dello Spirito, senza alcun dubbio, fa fruttifi¬care attraverso la sollecitudine e l’appli¬cazione di mente e di corpo nel custodire i comandamenti di Dio e del nostro padre. Tutta la persona è coinvolta in una sollecitu¬dine che investe intelligenza, volontà, memo¬ria, sentimenti e trova la sua espressione visi¬bile nel corpo. La corporeità manifesta l’attitu¬dine femminile davanti a Dio, nella concretez¬za di ogni gesto quotidiano. Il cuore poi vi è impegnato senza riserve, nella coscienza che i comandamenti da custodire sono doni grandi elargiti alla piccolezza della creatura. Per Chiara si possono sintetizzare nell’amare come Gesù Cristo ci ha amato, seguendolo fino alla nudità della croce.

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