FRATERNITA’: DONO IN CUI SI FORMA LA SANTITA’
giovedì 5 agosto
Canto: “Tu risplendi o Chiara”
A volte ci capita di pensare che se ci trovassimo in condizioni diverse, in un altro luogo o fra altre persone, sarebbe più facile per noi il cammino della santità. Ma è davvero così?
Dove si è formata la santità di Chiara? Non in una comunità ideale e perfetta, non nel mondo virtuale dei mezzi di comunicazione, ma in una realtà tanto reale e tanto povera. Pensiamo ai lunghi 42 anni nella povertà del piccolo luogo di San Damiano, dove si era rinchiusa per vivere solo di Dio e per Dio con le sue sorelle, per fare del Vangelo, come Francesco, l’unica forma di vita… L’Eucarestia, la preghiera, la liturgia sobria ed essenziale, la Parola, l’intensa vita fraterna resa più evangelicamente esigente dallo spazio circoscritto della clausura, il lavoro manuale, la penitenza, il rapporto con Francesco e i suoi frati, con la città, con i fratelli e le sorelle che si rivolgevano a lei per incontrare Dio. Non c’era molto altro nella vita di Chiara, ma c’era la verità di un’umanità tutta protesa all’incontro con Cristo, presente nell’Eucarestia e nella Parola quanto presente nelle sorelle, soprattutto in quelle più sofferenti, inferme nel corpo e nello spirito. Chiara nella sua Forma vitae non tace affatto la realtà del peccato, dei contrasti fraterni, della discordia, segno che a San Damiano si è sperimentato anche tutto questo.
C’è una costante in ogni cammino vocazionale: Dio ci fa passare da un modo “nostro” di servirlo, anche attraverso contenuti e valori ottimi, al modo “di Cristo”, attraverso il sacrificio della nostra volontà. Si tratta di un cammino di povertà, fatto di passaggi concreti attraverso i quali siamo progressivamente strappati al dominio del nostro io. I passaggi pasquali della vita di Chiara hanno creato in lei qualcosa di nuovo, l’hanno fatta sempre di nuovo “uscire dal proprio territorio”, l’hanno trasformata “di povertà in povertà” nell’immagine di Cristo, fino a che il modo di Cristo si è realizzato pienamente in lei e nel suo vivere la vocazione evangelica.
Possiamo allora chiederci: ma è davvero possibile, anche per me, la via della santità? E, se è così, a cosa servono i fratelli e le sorelle che ho accanto?
Vivere e lavorare con altri – dice Papa Francesco – è senza dubbio una via di crescita spirituale. San Giovanni della Croce diceva a un discepolo: stai vivendo con altri «perché ti lavorino e ti esercitino nella virtù». (GE 141)
Rimanere centrati, saldi in Dio che ama e sostiene. A partire da questa fermezza interiore è possibile sopportare, sostenere le contrarietà, le vicissitudini della vita, e anche le aggressioni degli altri, le loro infedeltà e i loro difetti: «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8,31) Questo è fonte di pace che si esprime negli atteggiamenti di un santo. Sulla base di tale solidità interiore, la testimonianza di santità, nel nostro mondo accelerato, volubile e aggressivo, è fatta di pazienza e costanza nel bene. E’ la fedeltà dell’amore, perché chi si appoggia su Dio (pistis) può anche essere fedele davanti ai fratelli (pistós), non li abbandona nei momenti difficili, non si lascia trascinare dall’ansietà e rimane accanto agli altri anche quando questo non gli procura soddisfazioni immediate. (GE 112)
Se l’amore è tutto da imparare e ha necessariamente la forma della croce, è però vero che lì dove questo amore è desiderato e vissuto da tutti, pur nel limite di ciascuno, esso si espande e testimonia la presenza stessa del Signore. Sentiamo ancora papa Francesco:
La comunità che custodisce i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che la va santificando secondo il progetto del Padre. A volte, per un dono dell’amore del Signore, in mezzo a questi piccoli particolari ci vengono regalate consolanti esperienze di Dio.
Contro la tendenza all’individualismo consumista che finisce per isolarci nella ricerca del benessere appartato dagli altri, il nostro cammino di santificazione non può cessare di identificarci con quel desiderio di Gesù: che «tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te». (GE 145-146)