Novena di santa Chiara, 6 agosto, 5° giorno

Pubblicato giorno 5 Agosto 2021 - ARTICOLI DEL BLOG, Novene, S. Chiara d'Assisi

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MALATTIA, POVERTA’ E SANTITA’

venerdì 6 agosto

 

Canto: “Madonna de povertate”

 

L’itinerario di Chiara, che l’ha progressivamente conformata a Gesù, è stato un itinerario dalla povertà materiale a un’espropriazione interiore sempre più profonda, quella che apre agli spazi immensi della carità, un itinerario potremmo dire “dal sine proprio all’unità dell’amore” (RegsCh 6-10). È il filo d’oro che percorre anche la sua Forma vitae: non un testo legislativo composto a tavolino, ma il frutto di una sapienza di vita imparata giorno dopo giorno anche a proprie spese. Per questo la Regola è così esigente e insieme così profondamente umana!

Il passaggio fondamentale che ha plasmato la personalità di Chiara a immagine di Gesù è il passaggio della malattia, una svolta decisiva per la vita di Chiara, ma anche della sua fraternità. Si trattò probabilmente di uno sfinimento, conseguente alle estreme privazioni a cui si era sottoposta nei primi anni della sua vita religiosa, nel pieno delle sue forze giovanili. Chiara, nell’eccesso del suo amore per Cristo, ha abusato delle sue forze, del suo corpo, si è illusa di poter fare ciò che voleva. Il suo corpo non ha tenuto dietro all’ardore dell’anima: oltre alle penitenze fisiche, c’era anche quella del lavoro manuale e delle veglie prolungate di preghiera… Chiara a poco più di trent’anni si è incontrata, o scontrata, con la sua fragilità, ha iniziato a conoscere la sua povertà creaturale e ne è uscita segnata per tutta la vita. Si è ritrovata incapace di fare quelle penitenze che prima si era imposta, ha dovuto accettare la dipendenza dalle altre, la loro cura.

Non fu certamente un passaggio facile e indolore. Tra le righe delle testimonianze si legge una certa resistenza di Chiara anche all’obbedienza: ci volle Francesco perché non usasse più i sarmenti di vite come letto, ci vollero le sorelle per toglierle i cilici, ci volle non solo Francesco, ma pure il vescovo di Assisi perché accettasse di mangiare qualcosa ogni giorno. Chiara ha fatto fatica ad accettare la sconfitta delle sue forze, il fallimento di un modo di servire il Signore che pensava fosse secondo la Sua volontà. Se prima Francesco poteva dire: Avete scelto di vivere secondo la forma del santo Vangelo, ora è il Signore stesso a scegliere ‘la forma nella forma’ in cui vuole che Chiara viva. C’è un passaggio da una povertà scelta volontariamente e con entusiasmo, a una povertà non scelta, ma accolta con dolore. Nulla viene rinnegato della scelta precedente (i tratti penitenziali saranno conservati come peculiari nella Forma vitae di San Damiano), ma l’amore appassionato di Chiara a Gesù viene come purificato da quel volontarismo ascetico.

Con l’esperienza della malattia, Chiara ha iniziato veramente a «conoscere Gesù Cristo» (cf. Fil 3,10), a entrare con tutta se stessa nella sua logica di salvezza, che è quella della croce. Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto Chiara abbia lottato per accettare questo passaggio che le ha cambiato la vita.

Nei ricordi delle sorelle iniziano a comparire verbi passivi che prendono il posto di quelli attivi…

Prima Chiara, ad esempio, aveva compassione alle inferme; sappiamo bene quanto Chiara fosse portata al servizio: più de le volte più presto voleva fare lei che comandare ad altre (Proc 1,12; 10,3; 1,10)

Ora deve accettare di essere servita, mancante di autonomia, dipendente dalle altre. La malattia ha salvato Chiara dalla tentazione dell’autosufficienza, del poter fare a meno delle sorelle, le ha insegnato a lasciarsi servire, a lasciarsi amare: da poi che essa fu inferma in modo che non se poteva levare del letto, se faceva levare su a sedere e sostentare cum certi panni de dietro alle spalle e filava (Proc 1,11).

Chiara si ritrova per lunghi periodi a guidare la comunità con la sua impotenza, con la “lezione della sua passione” più che con le sue opere e le sue parole.

È significativo l’episodio dell’assalto dei Saraceni in cui Chiara, prostrata a terra in preghiera, affida tra le lacrime al suo Signore impotente nell’Eucarestia la sua impotenza di donna inferma, disposta ad offrire il suo corpo in unione a quello di Cristo: Signore, guarda tu queste tue serve, però che io non le posso guardare… Se voltò alle Sore e disse a loro: Non vogliate temere, però che io sono a voi recolta, che ora non averete alcuno male. (Proc 9,2)

 

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