Omelia di mons. Luca Raimondi alla S. Messa per la solennità di santa Chiara 2021

Pubblicato giorno 13 Agosto 2021 - ARTICOLI DEL BLOG, Eventi, S. Chiara d'Assisi

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Il contesto nel quale celebriamo, qui all’aperto, ci offre uno scenario più bello di qualsiasi chiesa.

La cattedrale qui alle mie spalle, con le montagne e la città degli uomini è, con rispetto per tutte le nostre chiese, la più bella di tutte. Sapete che l’Autore di quello che sta alle mie spalle non ha confronti con altri architetti e ingegneri o artisti! E appunto lo scenario nel quale celebriamo, i canti che ci accompagnano, la preghiera, il luogo, meritano tanta sobrietà e quindi voglio dirvi solo tre cose che mi vengono dalla Parola di Dio.

Le tre letture che abbiamo ascoltato dicono tre cose di Chiara che mi piacciono e che vorrei condividere con voi, vorrei che fossero importanti anche per voi, ma non perché lo dico io, perché l’augurio che faccio alle sorelle e a ciascuno di voi, un triplice augurio..

Così dice il Signore”, ci ha detto Osea, “la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.”

La vita di Chiara è stato questo ritirarsi per sostenere l’opera di Francesco, la missione della Chiesa, che lei vedeva realizzata in maniera perfetta in Francesco. Il ritirarsi dietro delle grate, chiudersi, vivere permanentemente nel deserto, quindi nel nascondimento, è un messaggio fortissimo. Voi avete la grazia, la fortuna di avere questo monastero come richiamo. Certo, il richiamo di un monastero sembra controproducente, perché non produce: infatti, cosa produce un monastero? Non realizza opere, non costruisce ospedali, non dà da mangiare a nessuno, non educa dei ragazzi; un monastero non vive di assistenza, precisa, puntuale alle persone nelle case; non entra nelle fabbriche.

E, allora, uno dice: ma ha ancora senso che nel 2021 ci sia qualcuno che ascolta questa chiamata del Signore -che Chiara ha preso sul serio e le sorelle che sono qui, altrettanto-: “la condurrò nel deserto” . Perché ha senso ancora che qualcuno viva la dimensione del deserto? Io penso che mai come in questo tempo abbiamo scoperto di avere bisogno di chi vive l’esperienza del deserto, perché il deserto –nella Bibbia- non è solo il luogo della privazione e della prova; il deserto, proprio a partire dal profeta Osea che ci ha parlato, è il luogo dell’innamoramento. Non puoi innamorarti di qualcuno se non entri nella sua intimità.

E voi dite: vabbè che c’entra? Vuol dire che il nostro essere Chiesa –il mio essere vescovo, i confratelli, le suore, ognuno di voi sposato o no- tutti noi siamo parte di un corpo. Voi sapete che non si può amare con l’anima, il cristianesimo non è la religione dell’anima; quando andiamo a fare la comunione, nel momento più alto della comunione con Dio, il prete non ci dice “Ecco l’anima di Gesù” ma “Il Corpo di Cristo”!

E il corpo di Cristo, per definizione dei Padri, prima ancora che l’Eucaristia, è la Chiesa, è la comunità, siamo noi; il nostro corpo, perché possa ricevere amore da Dio, ha bisogno di deserto e di intimità: e quindi Chiara e le sue sorelle nei secoli, sono coloro che rinnovano fisicamente, per tutto il corpo, questa comunione d’amore, d’intensità d’amore, di intimità concreta con Dio.

Un monastero è la passione con cui l’uomo cerca di rispondere all’amore che ci previene, che è quello di Dio; un monastero ha senso oggi più che mai perché ci riporta all’unica realtà che conta, quella realtà che ha fatto dire a Chiara “c’è una sovrabbondanza d’amore da parte di Dio”, che ha fatto dire a Teresa d’Avila “Solo Dio basta”, che ha fatto dire a Charles de Foucauld, quando intuì che esisteva un Dio, “capii che non potevo fare altro che vivere per Lui”.  E così tanti altri santi: ci richiamano la totalità dell’amore di Dio! E tu non puoi vivere un amore ideale, disincarnato: ma che amore sarebbe? Come se uno dicesse: Sì, io amo una donna, ma non la vedo mai, non sto mai con lei, non ho mai un contatto fisico con lei…

Perché il corpo, che è la Chiesa, viva di quest’intimità ha bisogno di chi fa deserto e di chi risveglia – ecco la forza di Chiara e delle sue sorelle nei secoli– di chi risveglia per tutti noi questa intimità amorosa, ma reale, fisica, con Dio. Fisica! L’amore per una persona: “Ecco lo Sposo: andate incontro a Cristo Signore”.

La seconda intuizione viene dalla Lettera ai Corinzi. I Corinzi, sapete, siamo noi! Una comunità non ideale, anzi! A Corinto si faceva tutto quello che non era moralmente lecito. E la cosa forte che Paolo dice a questa comunità che tanto somiglia alla nostra (perché non è vero che nel passato c’era più fede di oggi: nazioni cristiane si sono battute in guerra, anche su questi monti che abbiamo davanti), è :“Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, siamo tribolati ma non schiacciati, sconvolti ma non disperati, colpiti ma non uccisi…”. Ebbene, anche Chiara ha vissuto la sua vita nel medesimo contrasto! Non so se voi l’additiate ai vostri figli adolescenti o ai vostri nipoti, ma Chiara è scappata di casa a 18 anni per poter vivere la sua sequela di Cristo, seguendo l’intuizione di Francesco! Si è ritrovata in contrasto con la sua famiglia, ha ripudiato una nobiltà, una ricchezza, una vita agiata perché ha voluto vivere il contrasto del Vangelo. Ha incontrato una persona, Francesco, che il Vangelo gliel’ha fatto leggere -senza aprire una pagina di un libro-: l’ha visto in lui.

E ancora poi, da consacrata, quando i monasteri avevano possedimenti, entrate, introiti (addirittura c’erano gli abati che avevano titoli onorifici), Chiara con le sue sorelle insiste e chiede alla Chiesa il Privilegio della povertà, il privilegio di non avere ricchezze, di non avere sicurezze… Certo era un privilegio da chiedere, perché in quel tempo gli eretici sceglievano la povertà per contestare la Chiesa; Chiara e le sue sorelle lo chiedono al Papa. Come Francesco, Chiara chiede al papa il Privilegio di Madonna Povertà. E quindi Chiara vive in contrasto dentro la Chiesa: ha il coraggio di essere in contrasto con intelligenza, con passione per la Chiesa! Ha avuto il coraggio di cambiare le cose dentro la Chiesa. Perché è facile fare il “Che Guevara” della situazione e sputare sulla Chiesa. Invece Francesco e Chiara dicono e ci invitano a dire: Siccome voglio rendere la chiesa più santa, comincio a cambiare io. Questa è una cosa che fanno in pochi. Ecco, il fatto che Chiara dica: “Mi sono sentita tribolata ma non schiacciata, sconvolta ma non disperata, perseguitata ma non abbandonata…” ci invita ad avere lo stesso coraggio di cambiare in prima persona. Io sono capace di essere uno o una che ha il coraggio, dentro questa società, senza giudicare gli altri, di cambiarla dal di dentro? Di avere uno stile di vita vero (non da crociati, non facendosi paladini del cristianesimo ), di avere il coraggio di essere persone che testimoniano il Vangelo se è necessario anche con le parole, diceva papa Francesco, ma anzitutto con la vita, con il tuo volto, il tuo sorriso, con la faccia, con i gesti che fai, con i commenti che fai davanti al telegiornale che vedi con i tuoi figli, quando racconti loro della vita quotidiana…  Abbiamo bisogno di riscoprire il coraggio di essere non avversi al mondo, ma in giusta controtendenza, come Chiara.

La terza e ultima cosa mi risuonava forte è questo “Rimanete nel mio amore”…. Amore è una parola decisiva, anche se oggi non c’è parola più usata, sfruttata e anche, spesso, tradita: una parola che viene usata nella pubblicità per qualsiasi cosa… Quale amore vogliamo vedere oggi, qual è il volto dell’amore che oggi deve risplendere di più? Non esito, pensando a Chiara -e pensando anche a questo monastero- pensando  alla sua luminosità, al suo sorriso anche davanti alla morte dopo, pensate, ben 28 anni di malattia! Eppure, quella serenità, quella pace che lei ha vissuto fino alla fine, attirano…

Voi perché venite in questo monastero? Perché qui trovate una pace che altrove non trovate. Da quando l’11 agosto del 1994 ho conosciuto questa comunità, continuo a venire qui perché qui c’è pace: ed è una cosa che è tipicamente “clarense”….Perché io di monasteri ne conosco tanti altri! Certamente il monastero ti comunica anche il rigore, la disciplina, ma frequentando i monasteri scopri che le figlie di Santa Chiara hanno l’immagine della letizia, della gioia che dà un volto specifico all’amore.  Oggi, secondo me, l’amore o è gioioso o è finito! Non può essere una questione di principio l’amore! Come si fa a vivere un amore perché bisogna? …Perché si deve? …L’amore o ti dà gioia, o non è. O ha il volto della gioia, della letizia, dell’allegria, della santa allegrezza, o che amore è?

Quando ero a Roma, alla CEI, ho incontrato mons. Sigismondi, già vescovo di Foligno e ora di Orvieto. Mi diceva: Sai Luca, quando incontro un prete, se ha problemi, posso aiutarlo su tutto, ma se ha perso la gioia io non ho l’antidoto per aiutarlo… Se perdiamo la gioia noi cristiani che cosa stiamo al mondo a fare? Abbiamo un Papa, Francesco, che ha eletto la gioia a programma, e questo dà fastidio a chi vuole una fede triste, pessimista, fatta di questioni di principio. Evangelii Gaudium, Amoris Laetitia, Gaudete et Exsultate: sempre la gioia! La gioia! Perché? Perché Papa Francesco ha intuito che, nel tempo presente, un cristiano è affascinante non perché convince con i ragionamenti, ma perché è felice, perché sta bene. Se chiedo ai ragazzi, ai bambini che sono qui: tu andresti dietro a uno triste??? No! Ma se incontro uno che è felice, allora sì! È bello stare con uno che è felice! E dentro, anche davanti alla morte, quando uno è felice così – non perché ridacchia, ma perché quella sua felicità è figlia del sacrificio, perché è una gioia che paga il prezzo, e allora è una gioia vera – a uno così, gli credi.

Preghiamo, allora, perché questa gioia non la perdiamo mai. Se no che ci stiamo a fare qui? Questa gioia e questa pace, come dice il Manzoni, “Il mondo irride, ma rapir non può”.

Questa gioia la chiedo per le sorelle, per voi tutti, per i confratelli sacerdoti, per i Vescovi, per il santo Padre, per la sua salute e la sua voglia di comunicare la gioia.

Che il Signore ci renda sempre più felici!

 

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