Perdersi tra la folla per ritrovarsi in una vasca! Come la vita rilegge la fede – Omelia di p. Gaetano Piccolo sj per la Festa del Battesimo del Signore – anno B

Pubblicato giorno 5 Gennaio 2018 - ARTICOLI DEL BLOG, Omelie di p. Gaetano Piccolo SJ

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Questo stesso timore della morte è come un inverno quotidiano.
Agostino

 

La settimana scorsa, approfittando della pausa natalizia, insieme con gli amici della parrocchia dove mi reco nel fine settimana per dare una mano al parroco, mio grande amico, abbiamo organizzato una visita a Napoli.
Eravamo in settantacinque e, scendendo per San Gregorio Armeno, siamo rimasti immobilizzati tra la folla che non riusciva a defluire in nessuna direzione. Un fiume di gente, un’umanità complessa. Gli accenti e i dialetti creavano uno strano effetto che sapeva di universalità. Gente bloccata che non riusciva a camminare. Reazioni diverse: c’era chi spingeva, chi urlava, chi si disperava, chi provava a trovare una soluzione logica…
Al di sopra di questa umanità, si innalzava l’ombrellino arancione che mi ero portato per mostrare al mio gruppo la direzione. Spesso mi perdevano di vista, qualcuno si è perso e poi è stato ritrovato.
Forse non ce ne siamo resi conto subito, ma quell’esperienza aveva molto il sapore di un racconto battesimale, lo stesso che avevamo ascoltato poco prima entrando nel battistero di san Giovanni in Fonte, il più antico battistero paleocristiano d’Occidente che si trova nella basilica di santa Restituta, nella parte sinistra del Duomo di Napoli.

Entrando nel battistero abbiamo avuto l’impressione di entrare in un monumento funerario, un luogo che parla di morte e di paura, la paura di perdersi appunto. Eppure, proprio entrando, siamo rimasti sorpresi da qualcosa che somigliava sì a un sepolcro, ma un sepolcro aperto: la vasca al centro della stanza guardava verso l’alto, verso la cupola in cui era dipinto un cielo stellato. L’esperienza del Battesimo è proprio questa: sapere che potevamo morire, che potevamo entrare in un sepolcro, e invece per noi si è aperto il cielo, per sempre.

Doveva essere questa la percezione che avevano i primi catecumeni che entravano in quella stanza, nel IV secolo, per ricevere il battesimo la notte di Pasqua: la vasca era circondata da lampade, grazie alle quali la volta si rifletteva sull’acqua. In quella volta, oltre al cielo stellato, ci sono le iniziali del nome di Cristo. Così, scendendo nella vasca, il catecumeno si rendeva conto che proprio nei luoghi in cui poteva morire, incontrava Cristo. L’acqua non era più il mare che sommerge con i suoi flutti, ma quell’acqua diventava come quella dell’utero che genera.
Il catecumeno era entrato infatti dalla porta occidentale, veniva cioè dalla parte in cui il sole muore, ma sarebbe uscito dalla porta che dà verso oriente, dove la vita nuova risorge.
Per questo, uscito dalla vasca, veniva rivestito da una veste bianca, come quelle figure dipinte nei mosaici sopra la sua testa, le cui vesti sono segnate dalla I di Iesus o da una L rovesciata, simbolo della pietra angolare che è Cristo. Ora, infatti, il battezzato apparteneva al Signore Gesù Cristo.
Colui che ha vinto la morte rende anche noi capaci di vincere non solo la morte eterna, ma tutte le paure di morte che attraversano la nostra vita: questi uomini vestiti di bianco hanno infatti in mano una corona, la stessa corona che nella volta viene posta da una mano sul nome di Cristo, è la corona della vittoria che Dio Padre consegna al Figlio, e che anche noi riceviamo per mezzo del Figlio stesso.
Sulle pareti del Battistero, sono rievocate alcune scene che permettevano al Vescovo di spiegare cosa era avvenuto quella notte nella vita di coloro che avevano ricevuto il battesimo. Le scene rappresentate nei mosaici ancora visibili sono quelle delle donne al sepolcro che ricevono da un angelo seduto su un masso l’invito ad andare ad annunciare che Gesù è risorto. Il battesimo infatti ci mette nella condizione di annunciare l’esperienza di salvezza che noi stessi abbiamo vissuto.

La seconda immagine è la pesca miracolosa: la rete che raccoglie 153 grossi pesci, l’immagine della Chiesa, che senza differenze, accoglie tutti. Proprio attraverso il battesimo, ciascuno di noi entra a far parte della Chiesa. E ci ritroviamo insieme, seppur con differenze a volte apparentemente inconciliabili, a far perte della stessa comunità.

La terza scena è la traditio legis, Gesù che consegna a Pietro la Parola, simbolo della consegna della Sacra Scrittura che veniva fatta al catecumeno durante il percorso quaresimale che preparava al battesimo.

L’ultima scena visibile ne sintetizza due: una stessa donna appare infatti sia accanto a sei giare sia accanto a un pozzo. Quella donna è sia la sposa delle nozze di Cana, sia la donna Samaritana che ha avuto sei uomini, simbolo dell’infedeltà. La Chiesa in cui il battezzato sta per entrare è infatti una Chiesa che è divina come la sposa, ma è umana, cioè infedele come la samaritana. È il mistero della Chiesa che vive in questa tensione.
Nei pennacchi della volta si trovano quattro figure, di cui solo due sono ancora visibili, che rappresentano i quattro evangelisti, ovvero la buona notizia che il battezzato è chiamato ad annunciare. Ma al di sopra delle scene che abbiamo descritto, si trova un cerchio con uno sfondo d’oro in cui sono rappresentati uccelli che si nutrono dei frutti: è un’immagine del credente che può ora nutrirsi del vero frutto che è Cristo. Uscito dal battistero, il nuovo credente accedeva infatti alla sala, dove per la prima volta partecipava al banchetto eucaristico.

Adesso mi sembra ancor più significativo il fatto che, usciti dal Duomo, prima di affrontare l’umanità complessa e articolata di san Gregorio Armeno, siamo scesi nelle profondità della terra attraverso gli scavi della Napoli sotterranea di San Lorenzo Maggiore. La vita ci riproporne continuamente esperienze battesimali, momenti in cui incontriamo occasioni di morte, cioè di peccato, di fallimento, di delusione, di scoraggiamento. Ma a noi battezzati, Gesù ha promesso, che proprio lì, sul fondo sporco delle nostre vite, ci attende per riportarci verso la luce.

Leggersi dentro

  1. In quali luoghi sento di essermi perso?
  2. In che modo il Signore mi sta tirando fuori dai miei sepolcri?
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