Pulizie di primavera. Perché aprire le porte di tanto in tanto… – omelia di p. Gaetano Piccolo SJ

Pubblicato giorno 22 Aprile 2017 - Omelie di p. Gaetano Piccolo SJ

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dal sito Rigantur mentes

Meditazione sul Vangelo

della II domenica di Pasqua

Anno A

23 aprile 2017

Gv 20,19-31

Il dubbio è un prezioso unguento;

benché bruci, esso guarisce.

Krishamurti

 

Quando ci sentiamo traditi, facciamo fatica a fidarci di nuovo. Se scopriamo che qualcuno ci ha ingannati, avremo sempre paura che possa farlo di nuovo. Come un fiore che non vuole più sbocciare, ci chiudiamo inevitabilmente dentro il nostro rancore. Diventiamo come un fiore che non dona più il suo profumo per paura che il vento freddo possa tornare a bruciare i suoi colori.

Anche i discepoli di questo testo di Giovanni sono delusi: si aspettavano un esito diverso. Le cose non sono andate come loro si aspettavano. Per quanto loro stessi siano stati traditori, oggi si sentono traditi. Hanno paura di compromettersi e di rischiare. I segni di vita ci sono, ma a loro non dicono più niente. Il sepolcro è vuoto, ma loro si sono  chiusi dentro.

A volte la nostra vita diventa il rovescio di quello che dovrebbe essere: il Cenacolo è diventato il negativo del sepolcro. Il sepolcro è un luogo di morte, eppure è aperto e vuoto; il Cenacolo è il luogo in cui Gesù ha donato il suo corpo e il suo sangue, è un luogo di vita, eppure è chiuso e riempito dalla paura. Un luogo di vita è diventato luogo di morte e di paura; un luogo di morte è diventato segno di vita e di risurrezione. E la nostra vita, è quello che dovrebbe essere o è il suo rovescio?

A volte anche il nostro cuore, benché luogo della vita, dove abbiamo fatto l’esperienza di Dio, diventa un luogo buio con le porte chiuse. Il Cenacolo assomiglia molto al nostro cuore sfiduciato che ha paura di amare ancora una volta, un cuore chiuso nella diffidenza e nel sospetto.

Ma nonostante quel cuore abbia le porte chiuse, Gesù non si rassegna e oltrepassa le nostre paure. Gesù si fa vedere così com’è, con le sue ferite, non le nasconde. Esse raccontano la sua storia. Gesù non le rimuove, ma invita ad aprirsi nonostante le ferite che segnano la nostra vita.

A volte ci vergogniamo delle nostre ferite, non vogliamo mostrarle. Altre volte, come Tommaso, troviamo un certo piacere a rimettere il dito nelle nostre piaghe. Facciamo fatica ad andare oltre, come se volessimo rinnovare il dolore. Quando si rimane chiusi dentro, l’esito inevitabile è infatti quello di ripiegarsi sulle proprie ferite, perché non c’è altro da vedere. Se non apriamo le porte del Cenacolo, la pace di Gesù diventa inefficace perché non si trasforma in perdono.

Perdonare vuol dire invece lasciare andare. Fino a quando i discepoli non avranno il coraggio di aprire le porte, saranno incapaci di perdonare. Dove c’è chiusura non ci può essere perdono, ma solo rabbia.

Come Tommaso, anche noi viviamo forse slanci di coraggio che ci portano ogni tanto a uscire fuori, ma poi, a volte ancor più delusi, torniamo a rifugiarci dietro le porte chiuse del nostro Cenacolo. Tommaso, infatti, è chiamato Didimo, cioè doppio. È il nostro doppio, il nostro gemello. Ci somiglia nella nostra voglia di credere che però spesso è soffocata dalla nostra incredulità. Come in Tommaso, anche in noi, la fede e il dubbio si affrontano continuamente in un duello sfiancante.

Tommaso è doppio anche perché un po’ sta fuori dalla comunità, un po’ ritorna; un po’ crede, un po’ dubita. Tommaso è doppio e ambiguo come noi, che continuamente lottiamo con la nostra diffidenza.

D’altro canto come si potrebbe chiedere a Tommaso di credere alle parole dei discepoli che raccontano di aver incontrato il Signore eppure restano chiusi dentro? La comunità del Cenacolo, come le comunità dei cenacoli di oggi, non aiuta l’incredulo Tommaso a vincere i suoi dubbi: otto giorni dopo, nonostante Gesù li abbia visitati, il Cenacolo ha ancora le porte chiuse.

Se davvero il Signore ha attraversato le porte chiuse del tuo cuore e ti ha donato la pace, perché ancora non trovi il coraggio per uscire? Questo testo ci interroga sulla nostra testimonianza. Occorre fare attenzione a dire che abbiamo incontrato Gesù, se la nostra vita non lascia trasparire le conseguenze di questo incontro. Dobbiamo stare attenti perché possiamo essere responsabili dei dubbi di tanti uomini e di tante donne che faticosamente cercano in noi le tracce del Risorto.

Sarebbe meglio forse prendere atto dei dubbi che ci abitano, della nostra incredulità, della nostra parentela con Tommaso, per non spaventarci se anche noi viviamo la nostra vita spirituale un po’ dentro e un po’ fuori, un po’ da credenti e un po’ da dubbiosi. La buona notizia è infatti che anche quando le porte del cuore sono chiuse, Gesù viene a visitarci lo stesso.

Leggersi dentro

  • In che condizione sono le porte del tuo cuore?
  • Ogni tanto, fai una passeggiata fuori dal Cenacolo?
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