Un’esistenza pasquale – Omelia del Custode di Terra Santa alla celebrazione del Transito della madre S. Chiara presso il Monastero di Gerusalemme

Pubblicato giorno 14 Agosto 2018 - ARTICOLI DEL BLOG, Clarisse di Gerusalemme, S. Chiara d'Assisi

Condividi su:   Facebook Twitter Google

 

Gerusalemme, 10 agosto 2018 Transito di santa Chiara

 

 

Carissime sorelle e carissimi fratelli, il Signore vi dia Pace!

Stiamo celebrando il transito della Madre santa Chiara ed è un momento bello e significativo per riflettere sul senso della nostra vita e della nostra vocazione alla luce di una testimonianza di vita evangelica particolarmente luminosa, come ricorda l’incipit della bolla di canonizzazione: «Chiara, chiarissima per chiari meriti, risplende chiaramente chiara in cielo per chiarità di gloria e in terra per lo splendore di miracoli sublimi» (Papa Alessandro IV, bolla di canonizzazione di santa Chiara, 1255).

Come suggerisce papa Francesco, in questo momento di riflessione omiletica, cerchiamo di mettere a fuoco “un’idea, un sentimento, un’immagine” (EG 157).

Anzitutto un’idea. Chiediamoci anzitutto che cosa significa celebrare il transito della nostra Santa?

La parola transito è una parola molto significativa. La parola latina “transire” significa passare oltre, attraversare. Quando noi parliamo della morte come transito stiamo parlando della morte come di un’esperienza pasquale, un passare oltre passando attraverso. Così è stato per Gesù: il suo morire è stato un passare oltre la morte passando attraverso la morte. Così è stato per santa Chiara che arriva a colloquiare serenamente con la sua anima, come abbiamo ascoltato poco fa: “Volgendosi poi a se stessa, la vergine santissima parla silenziosamente alla sua anima: «Va’ sicura – le dice – perché hai buona scorta, nel viaggio. Va’, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore». «E tu, Signore – soggiunge – sii benedetto, che mi hai creata»” (LSCh 29: FF 3252).

L’idea tutta cristiana, che la morte sia un passaggio, un evento pasquale, ci offre un’immagine particolare di tutta la nostra vita, quella del pellegrinaggio, che in quanto tale ha una mèta: la pienezza della comunione e dell’amore.

Un passo che troviamo nell’ultima lettera scritta da Santa Chiara, poco tempo prima di morire, alla consorella Agnese di Praga, ci fa capire questa verità profonda, quando lei fa proprie le parole del Cantico dei Cantici e le suggerisce come sintesi della spiritualità della consacrazione. Sono parole rivolte a Gesù Cristo, il celeste sposo: “Attirami dietro a te, correremo al profumo dei tuoi unguenti o sposo celeste! Correrò e non verrò meno, finché tu mi introduca nella cella del vino, finché la tua sinistra sia sotto il mio capo e la destra felicemente mi abbracci e tu mi baci col felicissimo bacio della tua bocca” (Lettera IV ad Agnese, 30-32: FF 2906). È davvero un bel pellegrinaggio questa vita, e una grande benedizione del Signore. È il pellegrinaggio dell’amore, è il pellegrinaggio pasquale verso la pienezza dell’amore.

Se la morte è passaggio pasquale, in realtà tutta la nostra vita è un pellegrinaggio verso la nostra Pasqua personale, in unione alla Pasqua del Signore Gesù!

Questo è anche il senso profondo di una espressione biblica tanto cara a san Francesco e santa Chiara, che la citano nel capitolo sesto della Regola bollata san Francesco e in quello ottavo della sua Regola santa Chiara. È la citazione della Prima lettera di san Pietro e della Lettera agli Ebrei, che ci invitano a vivere “come pellegrini e forestieri in questo mondo” (1Pt 2,11; Eb 11,13 citati in Rb VI,2 e in RSCh VIII,1). In quei capitoli della Regola, i santi Francesco e Chiara ci ricordano che non ci possiamo appropriare di nulla. Così risulta evidente che tutta la nostra vita, e non solo la nostra morte, è un passaggio pasquale, è un vivere da pellegrini e forestieri, seguendo le orme del nostro Signore Gesù Cristo, correndo dietro a Lui, che “si è fatto nostra via” (TestSCh 5: FF 2824).

Il Transito di Chiara ci suggerisce anche un sentimento duplice: quello della fiducia riconoscente o della gratitudine fiduciosa. Nel brano che abbiamo letto poco fa emerge in modo chiaro il sentimento di riconoscenza che caratterizza il bilancio di una vita: “E tu, o Signore, sii benedetto, che mi hai creata!”. Ma emerge anche in modo limpido e cristallino il senso di fiducia che ha accompagnato Chiara durante tutta la vita: «Da quando ho conosciuto la grazia del Signore mio Gesù Cristo per mezzo del suo servo Francesco, nessuna pena mi è stata molesta, nessuna penitenza gravosa, nessuna infermità mi è stata dura, fratello carissimo!». Un senso di fiducia che si manifesta anche davanti alla prospettiva della morte imminente e la proietta nell’eternità: «Va’ sicura – dice Chiara alla propria anima – perché hai buona scorta, nel viaggio. Va’, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore».

Questo è un messaggio ben compreso, proprio in questo luogo, da una figlia di santa Chiara, Maria della Trinità, che nel suo Colloquio interiore, pochi giorni prima di morire, annota: “Quanto Dio è buono, buono, buono! Mi viene voglia di piangere quando vi penso” (n. 670 del 23 giugno 1942).

Cosa dice questa impostazione di vita, che risulta evidente nell’ora della morte, al nostro modo di vivere la nostra vocazione? Cosa dice questo a ciascuno/a di noi? Cosa ci dice quando siamo nel pieno dell’attività e quando ormai le forze vengono meno e non ci vengono più affidati compiti importanti agli occhi del mondo? Cosa ci dice questo nel momento in cui ci sembra che ci sia stato tolto qualcosa e ci sentiamo – per così dire – spogliati del nostro prestigio, o del nostro ruolo, o della nostra immagine? Cosa ci dice infine quando si avvicina a noi la nostra sorella la morte corporale dalla quale è impossibile scappare? E cosa ci dice in questo preciso momento della nostra vita in cui ci troviamo?

Capacità di leggere in prospettiva pasquale il mistero della nostra morte, capacità di vivere come un pellegrinaggio tutta la nostra vita, capacità di vivere con un senso di fiduciosa riconoscenza e di gratitudine fiduciosa: tutto questo ci insegna il transito che celebriamo.

Che il Signore Gesù, anche attraverso l’esempio di santa Chiara ci aiuti ad avere questa prospettiva pasquale, in modo tale da riuscire a vivere tutta la vita come il grande pellegrinaggio verso la piena comunione con Lui che ci ha amato e ci ha attirato e ci attira verso di sé.

Che il Signore Gesù, per intercessione di santa Chiara ci aiuti a vivere con riconoscenza e con fiducia, è l’unico modo per sfuggire a una vita triste, lamentosa, soggiogata dalla paura.

Che il Signore Gesù, in compagnia di santa Chiara, renda anche la nostra persona luminosa e chiara in questa vita e per l’eternità. Amen.

Condividi su:   Facebook Twitter Google