Vivere il santo Vangelo

Pubblicato giorno 10 Maggio 2017 - S. Chiara d'Assisi

Condividi su:   Facebook Twitter Google

Abbiamo celebrato da poco i 750 anni dalla morte di Chiara d’ Assisi, il suo beato transito.

E’ il momento decisivo: Chiara abbracciando con un unico sguardo la sua vita, si specchia nel Creatore che sempre l’ha amata e si riconsegna, quasi spronando l’anima sua ad affrettarsi nella lode verso lo Sposo. Chiara ha sessantatré anni, da circa quarantadue abita il luogo di San Damiano come pellegrina. Qual è la vita che ha intessuto in questi anni per poterla ora così amorosamente affidare al suo Dio? Sono linee essenziali quelle che compongono la vita di Chiara: ha aderito al suo essere donna, inquieta dentro formati standard dell’esistenza umana ed ecclesiale, ha aderito soprattutto alla realtà ed al manifestarsi di Dio con chiari segni all’interno di essa. Ciò le ha permesso di cogliere quello che “sporge” dall’ordinario, eventi che le hanno colmato il desiderio del cuore e l’hanno condotta ad una risposta concreta. Francesco è uno di questi eventi; Chiara accoglie da lui la Forma di vita: “Per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo”.

 

SECONDO LA PERFEZIONE DEL SANTO VANGELO

 

Chiara dunque tende all’unione nella Trinità. Si fa imitatrice del Padre, abbracciando Cristo povero ed umile per ardentissimo amore, con quella perfezione alla quale la invitò lo Spirito del Signore (2LAg 4.18.14). Sono, questi, inviti rivolti ad Agnese ma che allo stesso tempo ci rivelano in quale dedizione Chiara trascorre i suoi giorni, le piccole-grandi scelte. Dove si manifesta questa realtà? Il Padre dona vita all’uomo, plasmando l’opera più preziosa delle sue mani, e Chiara diventa con creatrice nell’umiltà del servizio. “Un giorno era venuto a mancare completamente l’olio alle ancelle di Cristo, al punto che non ve n’era neppure come condimento per le ammalate. Donna Chiara prende un vasello e, maestra d’umiltà, lo lava lei stessa con le sue mani; poi mette il vaso vuoto da parte, perché lo venga a prendere il frate questuante”. Nell’essere profondamente figlia Chiara riceve la vita di Colui che costantemente gliela dona: “come un Padre ama i suoi figli il Signore ha pietà di quanti lo temono.” “E se una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanta maggiore cura deve una sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale!”. Questo amore tocca la dedizione del Figlio!

Una volta, essendo ínfermate cinque Sore nel monasterio, santa Chiara fece sopra de loro lo segno de la croce cum la mano sua, et incontanente tutte furono liberate. E spesse volte, quando alcuna de le Sore aveva qualche dolore o nel capo o in altre parte della persona, essa beata Madre le liberava col segno de la croce”. Chiara opera questi segni perché se ne fa carico, assume le sofferenze delle sorelle donando libertà. E’ il cammino incontro al vertice dell’Amore Crocifisso, che Chiara vive in umiltà e povertà, sapendo di essere stata toccata da questo amore, perdonata, salvata. In questo agire Chiara esorta le sorelle: “Attendano a ciò che soprattutto debbono desiderare: avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, a pregarlo sempre con cuore puro e ad avere umiltà, pazienza nella tribulazione e nella infermità”. La concretezza della vita è raggiunta dal Mistero, per mezzo dello Spirito santo effuso nei nostri cuori.

 

UNA FORMA DI VITA PER NOI

 

Ancora oggi vivere il Santo Vangelo è lieta notizia dell’annuncio del Regno instaurato nella Pasqua di Cristo. È la Pasqua la fonte dell’annuncio, anche quello più nascosto ma non meno vitale di una comunità contemplativa come la nostra. Le nostre mani all’inizio della giornata tracciano il segno della croce in un unico gesto orante, nella celebrazione dell’Eucaristia e dell’Ufficio divino si innalzano verso il Padre; quelle stesse mani di lì a poco sono investite di una chiamata al servizio, al compiere gesti che esprimono l’amore riversato nei cuori. Dal cucire le casule al lavare la frutta, dall’impastare la farina per le particole allo scrivere al computer, dal preparare il pranzo al sollevare la cornetta del telefono pronte all’ascolto, tutto ciò implica la modalità dell’essere figlie che ricevono dal Padre l’essere e l’operare secondo il suo benevolo disegno. Imparare la Sua dedizione verso l’uomo, chiede lo sguardo del cuore rivolto al Figlio che rivela il Padre e gli fa nota la sua altissima vocazione.

La guarigione offerta alle sorelle e ad ogni persona che incontriamo sarà quella dell’ascolto: nella fiducia, nella speranza, in quella fede che sola da accesso alla gratuità, quando di fronte al mistero del cuore umano e delle circostanze in cui vive e cresce, solo il Mistero di Dio permette di sperare ancora e di avere ancora fiducia nel Creatore e nella sua creatura. Lo Spirito che abita i nostri cuori grida: “Abbà. Padre!” e la nostra debolezza è un nulla perché noi possiamo esimerci dal vivere questa buona notizia.

Condividi su:   Facebook Twitter Google