Restate qui e vegliate con me. Sussidio per l’adorazione del Giovedì Santo

Pubblicato giorno 24 Marzo 2018 - ARTICOLI DEL BLOG, La preghiera

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Potete scaricare il testo di preghiera pensato per il Giovedì santo, per fare compagnia a Gesù, in preghiera con Lui nell’Orto degli ulivi.

 

File libretto adorazione giovedì santo


“Restate qui e vegliate con me”

con i vangeli di Luca e Matteo
e le riflessioni poetiche da “Libro della Passione” di José Miguel Ibanez Langlois

 

 

 

Primo momento

39Gesù uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi;

anche i discepoli lo seguirono. (Lc 22)

 

Giunsero al Getsemani, il giardino dai neri fiori di primavera.

In una vicina caserma di polizia, Giuda vegliava.

“Restate qui – disse Gesù – io vado a pregare: triste e angosciata fino alla morte è l’anima mia. Vegliate e pregate con me, non mi lasciate solo.” Sembrava un bambino atterrito davanti alla notte immensa. Dio non vuole rimanere solo nell’oscurità: Gesù chiede la compagnia di tre poveracci. Lo assalgono visioni d’inferno, i peccati del mondo lo cercano come un gregge, come se fossero suoi si precipitano a migliaia di milioni nel suo cuore.

Questa notte fa suoi, tutti i peccati.

Questa notte il peccato originale vuole conoscere il suo nuovo Adamo.

(Libro della Passione)

 

 

Secondo momento

40Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione».

41Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo:

42«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». (Lc 22)

 

Vuole pagare il prezzo dell’umano riscatto, denudato di sé, questo Amante lebbroso, vuole vuotare il calice di se stesso. Si è accuratamente spogliato della sua divinità e poi, non meno diligentemente, della sua umanità. Ciò che resta è una specie di verme lebbroso. Ciò che resta allo spogliato è Gesù onni-peccatore-vicario.

Gesù, il miserabile, cade in ginocchio sulla terra, è triste e angosciato fino alla morte a causa del peccato. Le sue ginocchia più non reggono tanta lebbra, Gesù si prostra per intero sulla terra: “Padre, se possibile, passi da me questo calice.” Sta pregando sotto il peso incommensurabile di tutta la storia. Lo schiaccia contro la polvere il peso della depravazione.

I Giudei non pregavano se non in piedi: questo Giudeo è Dio, e preferisce la posizione dei vermi.

 

 

Terzo momento

43Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo.

44Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra.

45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione». (Lc 22)

 

Le sue ginocchia, le sue mani… come tremano! Cammina come un naufrago…

Si avvicina ai suoi tre discepoli-sentinelle, le tre vedette della redenzione del mondo.

Il Naufrago sopravvive per puro coraggio. A forza di puro amore, cammina agonizzante. Accorre a mendicare consolazione dalle sue tre vedette: vorrebbe reclinare la testa insanguinata sul petto di Giovanni, sulla roccia di Simon Pietro, anche il semplice sguardo di Giacomo gli basterebbe. Ed è inutile: i tre sono caduti nel sonno -il piccolo paradiso in bianco e nero, il rifugio che la natura non rifiuta a nessuno, solo a Cristo e a Giuda è negato-.

Si svegliano le tre vedette, ma non riconoscono il Naufrago: “Vegliate con me per un’ora, per amor di Dio.” È lui, portato di peso da puri angeli, è lui che sopravvive per il miracolo del suo ardire, è lui che non ha ottenuto neppure l’elemosina che mendicava. È inutile: non ha consolatore. La polvere della terra è l’unica fraternità.

Quarto momento

40Poi Gesù venne dai discepoli e li trovò addormentati. (Mt 26)

 

Dormono gli apostoli, ma la Madre veglia.

La Madre è in agonia fino alla fine del mondo.

La madre di Gesù, come la luna piena, illumina tutta la valle di Giosafat, tende le sue pure mani, quasi traslucide, verso l’Orto che la chiama come il suo sangue, perché è sangue del suo sangue il sangue di Dio, che ella deterge a distanza con le sue mani di luce, con tanto amore che Gesù le sente meglio che se toccassero la sua faccia oscura.

Ah, che sollievo quest’unica consolazione della terra! Che tenerezza del Cielo consola il suo viso, come se niente fosse successo in questi tre anni, niente in questi ultimi trentatré. Gesù sta piangendo d’amore come un bimbo, perché il Cielo e la terra lo abbandonano.

Ma il Lebbroso, l’Abbandonato, il Rampollo ha una madre e sua madre è tutto l’amore del Cielo e della terra e lo sta vegliando e gli sta lavando il volto bagnato di sangue, per azione a distanza, come la luce, come a Betlemme un giorno il suo stesso sangue. Il Lebbroso di Dio, l’Uomo eterno ha una madre e sua madre è tutta la consolazione del regno di questo mondo, perché esiste Maria sulla terra oscura e Dio agonizzante le sussurra: “Madre, non abbandonarmi, Madre, Madre mia.”

 

 

Quinto momento

47Mentre ancora egli parlava,

ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda,

uno dei Dodici,

li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo.

 48Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?» (Lc 22)

 

Gesù, di nuovo onnipotente, li sveglia:

“Su, alzatevi, è giunta l’ora, ecco il bacio insonne che mi consegnerà.”

A che sei venuto, amato amico Giuda…

Giuda… Giuda amato, tu con un bacio…

È impressionante ciò che può fare un bacio.

Giuda, amata spina, la più eletta, la più dolorosa spina della passione.

 

 

Sesto momento

51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?».

55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. 56Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». (Mt 26)

 

L’Agnello mistico è sulla cima del monte Sion, e con lui centoquarantaquattromila che portano il suo nome, e il nome di suo Padre scritto sulla fronte. Essi cantano, con voci d’innumerevoli acque, il cantico nuovo che nessuno può cantare se non i centoquarantaquattromila dalle rosse tuniche. E il loro canto dice: “Noi siamo i beati, convertiti unicamente ed esclusivamente dall’agonia nell’orto. Noi siamo i santi del cuore di pietra, noi siamo le pietre trasformate in lacrime. Noi ci spezziamo, ci liquefacemmo, piangemmo esclusivamente quando vedemmo Dio solo e triste cadere in ginocchio, gemendo con sudori di sangue, derelitto. Noi ci convertimmo in nome della sola angoscia: siamo le centoquarantaquattromila angosce di Dio, Le primogenite del suo coraggio in piena agonia. Neppure la croce in persona ci avrebbe liberato dalla stessa croce, solo: il “Passi da me questo calice, Padre”, ci avrebbe trasformato in beati che eternamente cantano, come lacrime, l’Osanna della paura, l’Ecce homo del coraggio di Cristo, l’alleluia del panico di Dio nel Getsemani.

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